La mafia uccide solo d’estate (ma strappa la vita ogni giorno, anche in inverno).

Esattamente cinque anni fa, il 28 novembre 2013, nelle sale cinematografiche italiane usciva un film destinato a diventare un grandissimo successo e ad accogliere il favore della critica più disparata.
Opera prima di Pierfrancesco Diliberto, meglio conosciuto come Pif, La mafia uccide solo d’estate è molto più di una semplice commedia e molto più di un ritratto della realtà drammatica della Sicilia degli anni ’80.

Che poi, dico anni ’80 per fare una media: la pellicola (in cui nulla, dai costumi agli arredamenti, alle auto, alle espressioni parlate, è lasciato al caso) comincia nel dicembre del 1969 e si conclude a fine anni ’90, all’incirca.
Non è una questione di pignoleria, questa specifica. In un film come questo, la temporalità è fondamentale. Ci troviamo di fronte ad uno spaccato della vita quotidiana della Sicilia che, in quel periodo storico, si vedeva continuamente dilaniata dagli attentati della mafia. Avrete già capito, dal modo in cui scrivo, che questo film mi è piaciuto parecchio. Avete capito bene! E’ proprio così!
A dispetto di quanto abbia letto in alcune recensioni, che lo hanno definito irrispettoso per la leggerezza con cui vengono raccontati i fatti di Cosa Nostra, io l’ho trovato estremamente delicato. Leggerezza e delicatezza sono ben diversi dalla superficialità.
In fin dei conti, le vicende sono vissute dallo spettatore, per la maggior parte del lungometraggio, attraverso gli occhi di un bambino. Un bambino, Arturo Giammarresi, con grandi sogni e grande confusione rispetto all’impetuosità con cui si susseguivano le tragedie dell’epoca. Concepito nella notte della strage di Via Lazio, il suo destino era già segnato. Gli stratagemmi che il regista (che in questo caso è anche attore, voce narrante e fonte di ispirazione principale per la scrittura del protagonista) utilizza per raccontare ciò che stava accadendo, a mio parere, sono pura genialità.
Vi propongo una scena che mi ha colpito particolarmente.
Guardate QUI in che modo, il mitico Pif, accompagna lo spettatore nell’introduzione all’attentato del 23 maggio 1992 a Giovanni Falcone, nella strage di Capaci.
Credo sia stata la sequenza che più mi è rimasta impressa. Unisce alla perfezione la freddezza con cui Riina uccide un uomo, l’impatto sonoro dell’esplosione della bomba distoglie bruscamente l’attenzione dalla visione di una quotidianità che tutti noi viviamo (una persona, seduta su una poltrona che guarda la televisione nel proprio salotto…) e ci sbatte, senza chiedere permesso, in una realtà che lacera l’animo umano. 
In poco più di 1 minuto di riprese, si vive con chiarezza (anche se, naturalmente con meno intensità) lo stato d’animo dei siciliani. Un’angoscia che si estendeva un po’ in tutta Italia. Ma ad avercele vicino, certe piaghe, è diverso.
Un’altra trovata azzeccatissima è l’intervista che Arturo riesce a strappare a Carlo Alberto Dalla Chiesa: la prima di una lunga serie per il primo e l’ultima per sempre del secondo. Un simbolico passaggio di testimone estremamente morbido e aspro al tempo stesso.
Parliamo un po’, invece, degli intrecci che stanno dietro alla cinepresa?
Perché secondo me, l’ottima riuscita di questo film è data anche dal perfetto equilibrio e dalla profonda stima reciproca che si è instaurata nel corso degli anni tra i componenti del cast, sia tecnico sia artistico.
Tutti noi conosciamo Pif per la sua partecipazione a Le Iene ed altri programmi televisivi, ma pochi sanno che è figlio d’arte (suo padre Maurizio è regista) e che la sua passione per il cinema lo porta, nel 2000, a fare da aiuto regista al collega Marco Tullio Giordano ne I cento passi. Qual è uno degli interpreti più bravi di quella pellicola? Claudio Gioè, che ritroviamo anche in La mafia uccide solo d’estate nei panni di Francesco, giornalista che spronerà il giovanissimo Arturo ad inseguire i suoi sogni. Se pensate che sia questo l’unico intreccio dietro le quinte che lega queste due pellicole, vi state sbagliando: anche il direttore di fotografia, infatti è lo stesso: stiamo parlando di Roberto Forza, scelto da Pif anche per il suo secondo film come regista, In guerra per amore.
Ok, ma invece la coprotagonista Cristiana Capotondi salta fuori dal nulla, non c’è nessun collegamento, direte voi. Non proprio. Se infatti ora è un’attrice affermata (e, a mio parere, molto brava) è grazie al film che l’ha fatta finalmente conoscere definitivamente al grande pubblico, il celebre Notte prima degli esami. Ve la ricordate al fianco di Nicholas Vaporidis? I due ragazzi, che poi sarebbero diventati anche una coppia nella vita reale, erano diretti da Fausto Brizzi, che si è occupato della regia di Pazze di me, dove Pif interpretava un improbabile filosofo innamorato della sorella più svampita (Marina Rocco) del protagonista (Francesco Mandelli). Se non lo avete mai visto, mi sento di consigliarvelo: fa morire dal ridere e non potrete non amare Loretta Goggi nei panni di una madre pazza e… decisamente impositiva.

Questa volta non ho consigli da darvi, prima di guardare questo film, nel caso non lo aveste ancora fatto… Non me la sento di mostrare così poca umiltà.
Anche perché mi trovo pienamente d’accordo con ciò che ha detto Roberto Saviano dopo averlo visto: “E’ un esperimento dolce e allo stesso tempo un racconto drammatico”.
E’ proprio così, parla di una realtà che mi è stata raccontata dai miei genitori, che ho letto sui libri di storia, di cui mi sono fatta un’idea ben precisa (credo… forse la verità non si saprà mai) ma che non ho potuto vivere in prima persona. 
Sono nata il 22 dicembre 1989, ero troppo piccola per ricordarmi certe cose.
So solo che il 19 luglio di tre anni dopo, il 1992, fu il giorno in cui perse la vita Paolo Borsellino, nell’orrenda strage di via d’Amelio, e che mia madre mi portò nella chiesa della nostra parrocchia e mi disse “Andiamo a dire una preghiera per due signori (per lei tutt’oggi, così come per tantissime persone, Falcone e Borsellino erano una cosa sola… e sono sicura che fosse così – ndr) che non ci sono più e hanno fatto tante cose buone per l’Italia”. Forse è per questo che la scena finale, che trovate QUI, di La mafia uccide solo d’estate mi è sembrata così vicina a me, alla mia vita, alla mia storia…
E sempre per questo ci tengo a concludere questo articolo riportando la frase che recita il Pif, perché possa essere letta e riletta, per capirne la profondità.

“Quando sono diventato padre, ho capito che i genitori hanno due compiti fondamentali.
Il primo è quello di difendere il proprio figlio dalla malvagità del mondo.
Il secondo è quello di aiutarlo a riconoscerla.”.

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Il giovane Arturo (un bravissimo Alex Bisconti) è appassionato di giornalismo…

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…e di Giulio Andreotti.

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Qui Alex a fianco di Claudio Gioè
Quest’ultimo, nel 2007, ha ricevuto complimenti da parte dello stesso Riina per il modo magistrale in cui lo ha interpretato nella mini serie tv Il capo dei capi

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Ad interpretare Boris Giuliano, poliziotto e capo della Squadra Mobile di Palermo
ucciso il 21 luglio ’79, è Roberto Burgio

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La bellissima Cristiana Capotondi è Flora,
assistente del sindacalista ed esponente della DC Salvo Lima, ucciso nel marzo del ’92

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Testo a cura di Micol Uberti
Fotografie via web

Ah, la Franciacorta! Meravigliosa (e un po’ retro)

Franciacorta, dolce terra di morbide colline e di aggraziati vigneti che si susseguono all’infinito… Non c’è luogo migliore dove poter liberare gli occhi e far divertire la vista.
Se poi, a questo, si aggiunge l’ispirazione un po’ retro che si può provare a bordo di un’auto d’epoca con tanto di autista, l’immaginazione non può che continuare a nutrire sé stessa.

Sono figlia di mio padre: è lui che mi ha cresciuta con piccoli lavoretti giù in garage, piccoli compiti che mi dava da svolgere per aiutarlo a restaurare qualche vecchia moto o semplicemente per fare manutenzione alla sua.
Quello del benzina per me è un profumo, non un odore!
Ed è proprio con lui che ho condiviso questa esperienza qualche weekend fa ad Erbusco, dove ha sede Percorsi in Franciacorta, una società di mezzi vintage for rent (ci sono anche le due ruote!) che consente anche di effettuare noleggio con conducente.
Ottima idea, del resto, soprattutto in questo periodo in cui a breve le cantine apriranno ed è meglio non mettersi alla guida dopo un tour vinicolo!
Noi abbiamo fatto un giro turistico stupendo, a bordo di una simpaticissima Lancia Fulvia 1300 del 1974. Certo anche organizzare una gita fuori porta con gli amici, magari per un addio al celibato, a bordo del mitico pulmino vintage Fiat 900, non dev’essere niente male!

Il fascino non ostentato del suo essere però visibilmente retro, mi ha colpita particolarmente: non amo le cose esagerate, che ti obbligano a tutti i costi a guardarle. Preferisco il vero carisma, quello che non ti colpisce gli occhi, ma la testa. E’ una seduzione più intima, più profonda, più cerebrale.
Osservare questo magnifico territorio, dalle zone più interne e verdi fino ad arrivare alla riva del lago, passando per i castelli e le tenute storiche che si nascondo qua e là… Un’esperienza di una giornata che si ricorda per tutta la vita. Solo per intenditori, dite? Vi sbagliate.
Che siate degli amanti dei motori o meno, poco importa: la Fulvia sa come farsi voler bene da chiunque e il conducente che racconta la Franciacorta con preparazione e grande entusiasmo, avvicina chiunque a Percorsi.
La leggendaria rilassatezza bucolica di cui si parla tanto quando l’argomento è la Franciacorta, è diventato servizio grazie alla società di questi giovani che ragazzi che hanno tutta l’intenzione di farci capire che il vintage non è solo una moda ma anche un contatto: un contatto con il passato che sfiora il presente, un contatto con l’emozione che raggiunge inevitabilmente anche il cuore di chi, invece, su quei mezzi d’epoca ci è salito solo per fare qualcosa di diverso dal solito.

Testo a cura di Micol Uberti
Fotografia a cura di Franca Bergamaschi

Out of Office : la dolce Verona

Potrei iniziare la descrizione di questo viaggio dicendo che sono stata nella città di Romeo e Giulietta e probabilmente chiunque, persino nel continente più lontano, capirebbe quale è stata la mia meta. “Verona, la città dell’amore!” direbbero.
E pensare che per noi milanesi (o addirittura lombardi) Verona è invece considerata una destinazione quasi scontata, forse perché così vicina, e spesso accantonata ad una “prossima volta” viste le numerose occasioni che ci riserva per poter essere visitata. Prima di tutte probabilmente una gita legata al parco di divertimenti Gardaland o al giardino di Sigurtà, le attrazioni più rinomate che si trovano in zona.

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Benvenuti a Verona

Io ho scelto di uscire dagli schemi e visitare luoghi insoliti, soprattutto per un pubblico femminile, ma sicuramente intriganti Volete essere originali come me? Seguitemi! Arrivano turisti da tutto il mondo per vedere la città (dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco) dove Shakespeare ha ambientato la storia d’amore più famosa di tutti i tempi, e naturalmente non potete perdervi una visita fin sotto il balcone di Giulietta. Purtroppo l’incanto sarà un po’ schiacciato dalla folla che vi troverete e dalla (a mio parere) triste rappresentazione di una Giulietta moderna. Si, perché su quel balcone vedrete apparire delle improbabili Giuliette sostitutive, ragazze (e non solo) in costume, che compaiono ad arte per ricordarci l’originale che stava lassù. Difficile confronto! Estraniatevi allora, arrivate in quel cortile e pensate come sarebbe sentire solo il bisbiglio delle voci dei due innamorati. Mi piace immaginarlo così, questo angolo romantico. Per arrivarci passerete accanto ad un muro costellato da promesse d’amore eterno, siglate su qualsiasi cm quadrato possa contenere una scritta (memotac, scontrini, persino cerotti… tantissimi!). L’altra star della città è sicuramente l’Arena, in piazza Bra. Qui il mio suggerimento è di non limitarvi ai soliti scatti turistici. Perdetevi! Perdetevi a girare accanto alle mura, in cerca dei pezzi di scenografie in allestimento, gustatevi i dettagli di opere antiche che qui sono andate in scena e vengono smantellati. Vi capiterà, come è successo a me, di passeggiare accanto a pezzi di antico Egitto, o sentirvi un po’ gheishe, o ritrovarvi nell’antica Roma… Qui tutto è magico! Ecco, Verona va vissuta così, con occhi sognanti, che colgono piccole chicche e le amplificano nel nostro immaginario per catapultarci in un passato denso di emozioni.

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Non perdetevi assolutamente…

… il Museo Nicolis dell’Auto, della Tecnica, della Meccanica!
Vi basterà spostarvi a Villafranca di Verona e dedicare un’oretta alla visita di un museo meno usuale per noi donne, ma che vi riserverà piacevoli sorprese. Non fatevi spaventare dal nome e anche qui lasciatevi trasportare da un viaggio nel tempo dove potrete immaginare dame con lunghi abiti in velluto ed imponenti cappelli salire a bordo delle auto esposte. Ma vedrete anche la mitica DeLorean, l’auto di Ritorno al Futuro, usata quest’anno da Fedez (ndr si proprio lui, il fidanzato dell’icona delle fashion blogger, Chiara Ferragni) nel video “Piccole cose” in coppia con J-Ax ed Alessandra Amoroso. Giusy Ferreri invece ha utilizzato una Lancia Flaminia per il suo video “Partiti adesso” e Sergio Sylvestre (ndr il vincitore di Amici 2016) una Rolls Royce Corniche.

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Provate questo albergo!

“Soggiornate e stupitevi” è il loro motto.
Mi hanno tentato, e mi sono stupita: un’oasi di pace, vicino ad un aeroporto! 
Sembrava impossibile, e invece… E’ iniziato proprio così il mio soggiorno presso l’hotel Veronesi la Torre, a poca distanza dall’aeroporto Catullo di Verona. Posizione strategica, sia se si arriva in aereo appunto, sia per visitare la città di Giulietta e Romeo. Mi sono ritrovata avvolta nell’elegante calma di un tempo che sembra essersi fermato al passato, ma fondendosi con le comodità del presente. SPA con jacuzzi esterna, fitness, massaggi e piscina coperta: mai avrei pensato che potessero convivere con le austere mura di un monastero. Qui, in  queste 89 camere e nella splendida Sweet Tower Suite, a soli 8 km da Verona, succede anche questo. Mi sono potuta godere la piscina, protetta dall’ampia vetrata che la illumina naturalmente, mi sono lasciata avvolgere dal bagno di vapore cromoterapico e rilassata sul lettino cullata dalla musica soffusa. Infine mi sono viziata anche con un aperitivo, preparato nel loro bar “Corte 22”.

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E prenotate una cena qui!

Sapete cosa mi piace dei social? Il rapporto umano. Un controsenso vero? Ma non è così. E’ grazie al mio lavoro nei social se, dopo un primo contatto schermato dal pc, ho potuto conoscere persone vere, appassionate. E’ stato così anche nei due ristoranti dove abbiamo cenato durante questo tour.

Al Bue d’Oro di Valeggio sul Mincio, si respira l’aria che piace a me, quella delle “imprese” a conduzione famigliare, con padri e madri che passano il testimone ai figli. Il locale mi è piaciuto molto, una sorta di giardino d’inverno con piante ovunque, persino a cascata dal soffitto. Sedetevi ad uno dei tavoli accanto alla cucina a vista, accanto alla parete di vetro che separa il giardino da cui lo chef raccoglie le erbe aromatiche fresche da utilizzare in cucina, dove stagionalità e territorialità dei prodotti sono i punti di forza del menù proposto. Qui tutto richiama la naturalità: modernariato e vintage si fondono in un’ottica “raw”. A fine cena fate come me, fermatevi a chiacchierare con i titolari, “nutritevi” anche della loro passione. Il piatto consigliato non possono che essere i celeberrimi tortellini di Valeggio. Buonissimi! Ripieni di  carne e serviti con burro spumoso e salvia croccante. Amore a primo assaggio. Del resto, se vengono chiamati “nodo d’amore” un motivo ci sarà!

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Il ristorante, in cui abbiamo cenato a Verona è stato La Canonica, a due passi dall’Arena. Perfetto per la comoda ubicazione e per l’atmosfera elegante e soft che si respira. Quello che ci vuole dopo la visita della città.

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Una dritta? Qui vi consiglio di lasciatevi “accogliere” dal personale, impeccabile.
Raz, l’esperto della carta dei vini saprà consigliarvi gli abbinamenti perfetti per ogni piatto proposto dallo chef Saimir Xhaxhaj che ha lavorato nelle cucine dei più importanti ristoranti Italiani e non. Mi hanno viziata da subito, con un antipasto spettacolare, che vi consiglio: capesante, cipolla caramellata, nocciole tostate e lime. Quasi tutti i piatti sono decorati con fiori edibili che arrivano pressochè quotidianamente dal Trentino. Piatti dove non c’è nulla da pulire, tutto è servito per essere consumato con estrema semplicità, ma eleganti, perchè il cibo si mangia prima di tutto con gli occhi.

Fotografia a cura di Bruno Uberti

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Out of Office : incredibili Langhe

Quando scopro certi posti, penso e ripenso che è proprio vero quando si dice che spesso facciamo l’errore di esplorare il mondo ma ci dimentichiamo delle bellezze che abbiamo vicino, certi del fatto che in questo modo potremo andarci quando vogliamo.
Mi sono bastati due giorni e mezzo nelle Langhe per rifletterci su.
Qui ho trovato una grande ospitalità, a dispetto di quanto si dice riguardo la fredda accoglienza del Nord, ho trovato semplicità e meraviglia.

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Benvenuti nelle Langhe

Lo ammetto con un po’ di vergogna, è una zona che non avevo mai visto prima d’ora: le immense distese di vigne, cariche di grappoli e di verde, abbracciano tutto il territorio e accompagnano l’occhio fino all’orizzonte, senza stancarlo mai. Quella che ci ha accolto e la parte della Bassa Langa (sì, gente del posto ne parla al singolare!), ovvero quella di Alba, Roero, Monferrato, dove i vini ed i tartufi sono tra i simboli culinari più rinomati in tutto il mondo. Sapete che è una regione storica inclusa nella lista UNESCO dei beni del patrimonio dell’umanità dal 2014? Qui sembra che il tempo si sia un po’ fermato a tanti anni fa, per poi scatenarsi ed esprimersi in piccoli slanci di modernità: è uno spettacolo davvero prezioso!

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Non perdetevi assolutamente…

… i baci di dama! Sono un biscotto tipico di queste zone e in città si trovano dappertutto. Oltre ad essere deliziosi, naturalmente, sono di dimensioni enormi! Io ne ho provato uno con impasto di mandorla, ma si trovano anche al cioccolato bianco, al pistacchio…
Un’altra chicca del posto è il Roero Arneis, un bianco secco molto aromatico che dovrete assolutamente assaggiare, concedendovi una pausa dal vostro giro turistico.
Amanti della Nutella? La foto ricordo in piazza Michele Ferrero allora sarà d’obbligo!

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Provate questi alberghi!

A me piace sempre scoprire luoghi nuovi e non ho nessun tipo di pregiudizio sulla tipologia di luogo in cui passare la notte o soggiornare, ci sono pochi imperativi assoluti per quanto mi riguarda: accoglienza, disponibilità, pulizia impeccabile.
Ho trovato fortunatamente dei posti che corrispondono esattamente a questi standard, senza dover rinunciare a nulla.

Una vecchia casa padronale di campagna che ha reso il mio cuore indeciso: non sapeva se essere più affascinato dall’architettura rurale della struttura o se sentirsi coccolato dalla proprietaria, una gentilissima signora che ha saputo accogliermi nel migliore dei modi! E’ proprio grazie a lei che ho conosciuto il vino di cui vi ho parlato qualche riga più su. E’ stato il suo aperitivo di benvenuto, preludio di un pernottamento magico, dove la campagna ti parla attraverso le sue cicale e dove la sera è un’emozione poter godere del panorama buio delle Langhe, in cui spiccano illuminati solo i centri abitati.
E’ un contesto così rassicurante, famigliare… dalla scelta del decor con pezzi d’antiquariato, alla colazione preparata in casa, sembra davvero di conoscere quel luogo e quelle persone da sempre.

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Sarò breve, perché vi parlerò di questo angolo di paradiso più diffusamente settimana prossima. Se cercate un posto in cui gli occhi e la mente si possano completamente rilassare, senza dover stare sempre sull’attenti alla ricerca di possibili imperfezioni e sbavature, con il Boscareto avete fatto centro! Gli spazi interni e quelli esterni si equiparano per bellezza, la vista è mozzafiato e tutto è pensato per far sì che la pace regni sovrana. Qui, dagli ambienti pacati della Spa, alle suite, al ristorante La Rei, capirete che non è solo l’ossigeno a dare energie al nostro corpo!

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E prenotate una cena qui!

Quando sono arrivata a Casa Scaparone, Osteria Agricola tra i colli di Alba, sono rimasta semplicemente a bocca aperta. Pentole ammonticchiate ovunque, brocche di ceramiche che inaspettatamente compaiono in giardino, un’aria un po’ bohemienne che si respira nei tavoli apparecchiati con una semplice tovaglia di carta… Io amo queste cose! Il cibo (a km0: anche le farine sono ricavate dalle loro farine macinate a pietra!) è ottimo e si può sceglierne una degustazione o ordinare à la carte, selezionando le portate dal menù consegnato ai clienti in un numero di… Paperino! C’è particolarità ovunque, ma non si supera mai il limite dell’eccesso. Qui troverete Piemonte e Africa preparare insieme pietanze deliziose. E poi… io mi fido di un ristorante che ti serve la pasta portando direttamente la padella in tavola!

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Una dritta? A Casa Scaparone non dimenticate di fare un giro anche all’interno del ristorante, nel caso in cui cenerete in veranda, perché ci sono tanti dettagli che meritano di essere visti e osservati!

Testo e fotografie a cura di Micol Uberti

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Out of Office : un weekend in Toscana

Si mangia da Dio, nella sua provincia si trova l’unica “piazza d’acqua” esistente e lo sguardo può sconfinare nei suoi immensi paesaggi soleggiati: c’è bisogno di qualche altro buon motivo per andare a Siena?
Passare un weekend all’insegna del benessere a trecentosessanta gradi non è certo difficile qui: io ho deciso di partire per questa splendida destinazione settimana scorsa, a bordo della piccola ma molto capiente Lancia Ypsilon Unyca, per scoprire i luoghi più affascinanti da suggerirvi se voleste prendervi una pausa di evasione dalla routine dell’ufficio.

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Il primo albergo ad accoglierci è stato l’antico borgo de La Bagnaia, un magico agglomerato di case riadattate ad hotel de charme della catena Hilton, Curio collection, nelle campagne senesi, così tanto esteso da dover richiedere l’intervento dello staff che accompagna i visitatori a bordo di comodi caddy, presi in prestito dall’adiacente campo da golf facente parte della struttura, per raggiungere reception, camere e la sontuosa Buddha Spa, a 2 km di distanza.
Purtroppo, al nostro arrivo, il cielo era un po’ indeciso, ma questo non ci ha certo impedito, tra una nuvola e l’altra, di rimanere a bocca aperta di fronte alle meraviglie di questo posto incantato!

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Quando parlavo di borgo, intendevo proprio questo: presso La Bagnaia potrete fare due passi all’interno dei vicoletti rustici che vi accompagneranno al vecchio pozzo, a cancelloni in ferro battuto lavorati, agli angoli più verdi e nascosti…

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Anche il cibo è davvero delizioso, la cucina è seguito da uno chef che sa fare dei piatti tradizionali delle vere opere d’arte: il piccione con patate viola al burro alla lavanda che ho mangiato qui ha lasciato un segno nel mio cuore!
Ma da grande amante delle mandorle, devo ammettere che ciò che mangerei altre mille volte ancora è il dolce che ha proposto: una deliziosa bavarese con semifreddo di mandorle e lamponi. Una delizia infinita, non solo per gli occhi!

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Dopo aver ripreso le energie ed esserci debitamente rilassate, abbiamo fatto un giro nella splendida Siena. Ci sono alcune cose che dovete assolutamente vedere e che a me piace visitare ogni volta, come fosse la prima. Senza dubbio Piazza del Campo è uno spettacolo che ci invidia tutto il mondo: la sua forma a conchiglia è più unica che rara ed il Palio che ci si svolge ogni anno attira tantissimi curiosi.
Una particolarità meno conosciuta, però, è la piccola frazione di San Quirico d’Orcia, Bagno Vignoni. Qual è la sua caratteristica? Al centro del suo piccolo borgo (tanto per darvi un’idea, pensate che conta appena una trentina di abitanti!) si trova la Piazza delle Sorgenti: una vera e propria “piscina” di acqua termale calda!

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Forse pensare all’acqua calda, in questi giorni, non vi solletica proprio la fantasia… allora vi tiro fuori io il coniglio dal cilindro e vi dico subito qualcosa che stimolerà il vostro interesse!
Alle porte di Siena, infatti, si trova un ristorante eccezionale, in cui siamo andate per cena: si chiama Particolare ed appena arrivate capirete che lo è, di nome e di fatto!
Innanzitutto è l’unico locale toscano ad avere un tavolo riservato proprio davanti alla cucina a vista, a cui solo pochi fortunati potranno sedersi, naturalmente previa prenotazione.
In secondo luogo, non potete farvi mancare un giretto nelle varie sale del ristorante: solo così potrete notare le pareti in tufo della cantina, i bellissimi colori scelti per i complementi d’arredo, il gusto semplice ma d’impatto dei lampadari a muro, i tre camini che si intravedono già dalla strada, in prospettiva dalla vetrata principale…

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Camini? Quali camini?
Quelli rotondi, luminosi, che si intravedono (di fianco al mio riflesso… ops!) in fondo alla sala da pranzo! Non avreste detto che lo erano, vero?
Sono proprio loro che hanno ispirato il semplicissimo logo del Particolare!
Se vi state divertendo a stupirvi, allora è proprio il caso che vi fermiate per cena qui.
Il menù di degustazione che ci hanno riservato è stato davvero eccellente: ve lo avevo già accennato sul mio profilo Instagram, la passata di piselli con riso venere e calamari era davvero deliziosa…

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…ma qualcos’altro è addirittura riuscita a battere la sua bontà, per il mio palato!
Sto parlando del flan ripieno di formaggio fondente e servito con pera cotta nel Sangiovese. Era così buono che ho chiesto il bis!

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Nei piatti dello chef si ritrova tutto il sapore vivace della Toscana e nell’allegria cortese dello staff si ritrova tutta la cultura di un popolo che ama ridere e stare in compagnia.

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Oh, quasi dimenticavo! Mi raccomando, chiedete di assaggiare un calice del delizioso “Sangiovese bianco” che hanno in carta qui: sentori di prugne, sapori armoniosi e inaspettati si apriranno al vostro palato!

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L’indomani mattina, dopo una colazione rapida che ho voluto godermi nel gazebo di fianco alla mia splendida stanza, siamo ripartite alla volta di Firenze.
Qui, una tappa nel centro benessere Asmana era assolutamente d’obbligo!
Soprattutto per me, che amo tantissimo il mondo luccicante e ridondante dell’India e dell’Oriente: qui tutto l’arredamento proviene da queste terre lontane e ogni dettaglio parla di lusso e di quiete.

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Anche i luoghi più ispirati alla campagna mi sono piaciuti moltissimo: primo fra tutti la Stanza del Fieno, in cui sono andata a riposare un pochino dopo aver ricevuto un massaggio Lomi Lomi molto rilassante e dentro alla quale si respira un profumo a cui sono molto affezionata.

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Mi è dispiaciuto parecchio di non esser riuscita a sperimentare anche uno dei tanti rituali che Asmana propone all’interno della loro particolarissima Wine Sauna, il cui corpo centrale e il soffitto sono ricavati dai legni di vecchie botti di vino…

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…ma per noi era già ora di ripartire nuovamente, per avvicinarci a casa.
Rientrando a Milano, abbiamo infatti spezzato il viaggio rascorrendo la notte nel romantico Villino di Porporano, un piccolo bed and breakfast che si nasconde tra le vie di un piccolo comune di Parma. Passando per la strada non direste mai che al di là di quelle mura si trova un luogo simile! Sembra di entrare in una favola!

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La colazione ha tutto il sapore dell’accoglienza emiliana: è la proprietaria a preparare il caffè, le torte e tutte le prelibatezze che propone!

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La cosa che mi è piaciuta di più di questo assaggio del Centro Italia?
L’aver ritrovato famigliarità, seppure in forme diverse, in ogni luogo in cui sono stata.
La cosa che mi è piaciuta di meno? L’essere tornata a Milano!
Ma ehi, lo dice Tiziano, con il ritorno inizia un altro viaggio, giusto?
E così, dopo una manciata di giorni, ero già pronta a ripartire…
Troverete venerdì prossimo il mio racconto del tour delle Langhe!
Buon weekend!

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Testo a cura di Micol Uberti
Fotografie a cura di Micol Uberti e Franca Bergamaschi

Si ringraziano
i Rocchi Cashmere (poncho bianco latte e beige)
Lancia Auto
Kiabi (shorts optical)

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Desigual nelle stradine di Milano: #AtypicalPlaces senza confini.

I vicoli svuotati dei passi e riempiti di silenzi riconcilianti, ombre e luci che si contrastano violentemente in un equilibrio dolcissimo, i colori che si accendono ed esplodono nella luminosità ovattata del sole di mezzogiorno: l’estate è un periodo dell’anno in cui tutto cambia, dal ritmo del cuore pulsante della città in cui vivo fino all’odore dell’aria che si respira, che accoglie i profumi dei piatti che i ristoranti in Darsena servono ai tavolini disposti lungo l’alzaia, liberi di volare senza rimanere rinchiusi nelle sale che si riparano dal freddo invernale dietro le porte chiuse. Cambia l’occhio, che si stringe per mettere a fuoco nonostante gli sferzanti riverberi di luce, cambia la pelle che si prepara ad abbronzarsi e si addolcisce quando il gelato cola sulle dita mentre passeggi per Milano. Non sarà come essere al mare, ma questa affermazione assume un senso solo se ti soffermi a pensare concretamente al punto in cui ti trovi… perché vi assicuro che qui, in un posto che amo moltissimo, qui nel Vicolo dei Lavandai sul Naviglio Grande, sembra di essere in una di quelle strette stradine del Sud Italia, tanto piccole da farti sentire abbracciata, tanto semplici da avere un sapore di atemporalità che ti fa dimenticare che esiste tutto il resto della Terra, oltre le pareti di quelle case che si stringono sopra la tua testa. Ho capito che, così come la bellezza sta negli occhi di chi guarda, pure il modo in cui viviamo il mondo intorno a noi è determinato dallo spazio che gli facciamo nel nostro cuore, trasformando ogni meta in una nuova casa ed ogni passo in un viaggio incredibile. Basta imparare a dare del tu alle nuove prospettive e farci amicizia per accorciare le distanze con luoghi sconosciuti… e non smettere mai, invece, di trovare un nuovo dettaglio in ciò che abbiamo sotto al naso tutti i giorni.

Vicolo dei Lavandai è, per me, uno degli #AtypicalPlaces di questa stagione e non ho certo potuto scegliere set migliore per esaltare la bellezza di un altro must della mia estate 2016, un meraviglioso tubino firmato Desigual, in tinta unita nera, impreziosito sulla gonna da un traforo che lascia intravedere, irriverente, la sottoveste piena dei colori e le forme inconfondibili del brand. Un modo per celebrare l’allegria spagnola e accarezzare l’eleganza italiana! Perché i confini non esistono.

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Fotografie a cura di Luca Ronchi (Instagram)

Bellussi Cuvée Prestige

Il tempo.
Il tempo che passiamo con le persone che amiamo ed il tempo che dedichiamo a noi stessi è il bene più prezioso ed è ciò che, a parer mio, manda avanti l’universo e conferisce un senso a tutto il resto… Togliete quei momenti e ditemi cosa rimane della vita!

Ogni volta che vado a Sarnico amo passare una mezzoretta da sola su un molo (che in cuor mio appartiene solo a me, anche se purtroppo non è così di fatto) e osservo.
Osservo tutto: l’acqua, i gabbiani, le increspature sulla superficie del lago, i riflessi del sole sulle onde… e torno a far parte di un equilibrio cosmico che ci si perde troppo spesso in fondo alla frenesia degli impegni quotidiani.

Questa volta ho voluto fare un esperimento e portare con me una compagnia speciale, una bottiglia di spumante Bellussi, un cuvée prestige della Valdobbiadene. Non è un dispetto alle bollicine locali, naturalmente, ma una piccola evasione che mi ha fatto scoprire un sapore intenso e morbido che ha solleticato il mio palato. A differenza dei franciacorta, che si esaltano particolarmente se affiancati al mondo sapido, il Bellussi si presenta più dolce e perfetto per accompagnare delle succosissime ciliegie di stagione.

Un gusto elegante e ammiccante che parla di estate e spalanca i sensi.

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Fotografie a cura di Bruno Uberti

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Un brindisi a Christo

Sulzano, 18 maggio 2016 – Si legge con l’accento sulla O ed è il nome di uno degli esponenti più importanti di quella strana disciplina artistica che si chiama land art (in cui l’artista, come dice la parola stessa, interviene direttamente sull’ambiente naturale per realizzare le sue opere): Christo è il progettista dei famosi floating piers che verranno presto inaugurati ufficialmente sul Lago d’Iseo, mia terra d’adozione da qualche anno. Potevo forse, con questi presupposti, non essere presente all’evento che si è tenuto nello splendido Hotel Araba Fenice, in collaborazione con Arcipelago Muratori, a Sulzano? Naturalmente no.

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La location offre uno scorcio spettacolare su questa opera d’arte in costruzione: l’affaccio della terrazza si trova proprio di fronte all’isola che viene raggiunta da questi pontili galleggianti.

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Brindando con fiumi del loro Millè e degustando un golosissimo risotto cucinato con questo delizioso franciacorta, l’atmosfera si è fatta immediatamente festosa e i sorrisi erano addirittura più delle bottiglie stappate (e fidatevi, erano davvero un gran numero!).

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Orgogliosissima di essere invitata a questo party esclusivo, ho pensato che il minimo che potessi fare per omaggiare questa cantina con cui collaboro ormai da tempo fosse scegliere un outfit del colore del loro Millè: il suo packaging azzurro turchese chiaro mi ha sempre attirata moltissimo e trovo che sia una scelta molto particolare per parlare del suo contenuto. Così ho scelto un minidress della stessa tonalità con una trama che mi ha ricordato immediatamente il movimento del vino nel calice.

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Permettetemi però di concludere questo racconto con una piccola nota a margine più “intima”. Perché alla fine, ciò che fa sempre la differenza in qualsiasi circostanza, sono le persone. Devo per forza ringraziare Michela per tutta la fiducia che ripone in me e nel mio lavoro e per l’amicizia che mi regala ogni volta, perché questo supera di gran lunga qualunque altra soddisfazione!
…e poi, il suo papà (che vedete in fotografia, ritratto durante il suo discorso introduttivo alla serata) ed il mio si chiamano entrambi Bruno! Perciò possiamo considerarci quasi sorelle. 

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Sabato 4 giugno saremo pronte per un nuovo aperitivo a Gussago, tutte le info le trovate QUI.

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Fotografie a cura di Francesco Piceni

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A pranzo con Giovanni

Galante, all’antica, rassicurante, per nulla banale e con tanti segreti da raccontare: vi presento Giovanni, con cui oggi pranzerò. Sulla nostra tavola ho deciso di proporre una ricetta semplice, composta da spaghetti quadrati, salmone norvegese affumicato al legno di abete e decorato con semi di chia, limone siciliano fresco e pepe nero. Come mai un piatto così basico per un pranzo a due? Perché quello che non sapete di Giovanni è che… è una birra! Leggera e fresca, dalla schiuma compatta e persistente, questa bionda del birrificio artigianale Millecento di Fabriano, nelle Marche, è stata una piacevolissima scoperta che ha sorpreso il mio palato con le sue note delicate del malto che si sposano perfettamente al gusto deciso e legnoso del salmone. Sicuramente molto adatta alla stagione, penso sia versatile anche grazie alla sua facilità di bevuta, che si chiude con un retrogusto più secco, rendendola un’ottima compagnia nelle situazioni più disparate: un pranzo, una cena o un aperitivo all’aperto. Niente scetticismo, è da provare: del resto… SE NON BEVI, NON CREDI!
Please, come into my kitchen and share the meal with me and Giovanni. Let’s move on to the introductions: I’m speaking about an incredibly soft, shaped and tasty beer from Millecento handcraft brewery in Fabriano. This is Giovanni. Discover it in a spring evening of these, when its freshness will surprise your mouth with a pleasant dry aftertaste: you will find a perfect fellow for a lunch, a dinner or an outdoor aperitif.

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Ph. Micol Uberti

 CREDITS
Semi di chia: Salbachia
Spaghetti quadrati: La Molisana

Ma il ringraziamento più grande va a te, nonno, che mi hai lasciato questo splendido orologio in eredità. Mi manchi.

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San Valentino in calice

Nel settore enogastronomico spesso ci si sofferma a parlare delle note olfattive di un prodotto, del suo sapore e della gradevolezza al palato, tralasciando così che un fattore fondamentale nell’ambito culinario è proprio quello legato alle emozioni. Mi piace riflettere su questo punto proprio ora che San Valentino è alle porte e risulta sempre molto gradito trascorrerlo proprio attorno a una tavola… Come ci fa sentire assaggiare una determinata pietanza? Cosa proviamo se sorseggiamo un vino particolare in una circostanza speciale? È proprio partendo da questo presupposto che ho pensato di parlare del sentimento che può nascere da una cena (o pranzo) di coppia in cui tutto ciò che proviene dalla cucina diventa veicolo di messaggi d’amore e passione che vengono sublimati proprio dai sapori che ritroviamo nei calici e nelle portate. È così che il Franciacorta Rosè Extra Brut Brolese di Villa Crespia, un morbido ma intenso equilibrio tra Pinot nero e Chardonnay di Arcipelago Muratori, ricrea la famosa sensazione delle “farfalle nello stomaco” a cui si affida la magia dell’innamoramento, soprattutto se abbinato ad un insolito antipasto a base di polenta con top di ananas freschissimo, mazzancolle grigliate, crema di aceto balsamico e foglie di menta biologica. Ancora, il Brolese seduce e rende l’atmosfera più misteriosa con un piatto di lussuosi fusilloni superiori La Molisana cotti al dente e serviti con tartare di tonno al pepe nero rigorosamente battuta al coltello, capperi sotto sale e pomodorini d.o.p. Pachino saltati in padella con un filo di olio extra vergine d’oliva. Siete ancora convinti che ci si possa innamorare solo con il cuore?

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Ph. Micol Uberti
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Fotografie soggette a copyright
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