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Fare foto dall’alto: sicuri che sia sempre la scelta migliore?

Sicuramente è la scelta più comoda, questo lo capisco.
Realizzare uno scatto flat lay, ovvero appunto con ripresa zenitale, è pratico e veloce.
L’aspetto più comodo è sicuramente che si può disporre rapidamente gli elementi sul set e vederli velocemente per come appariranno nello scatto finale…
Ma davvero fare foto dall’altro è sempre la scelta migliore in termini di riuscita e di comunicazione?
In effetti la risposta è: no, non sempre il flat lay sa esaltare adeguatamente il soggetto.
Quali sono allora tre aspetti importanti di cui tenere conto quando si scaglie da quale prospettiva riprendere un soggetto?
Lo vediamo subito insieme nell’articolo qui sotto!

L’ALTEZZA DEGLI ELEMENTI

Scatto realizzato per Arance Poggio Pizzuto – gennaio 2021

Quando il set è composto da oggetti ed elementi che hanno più o meno tutti la stessa altezza, il flat lay sarà una scelta molto più gestibile per diversi motivi.
Sarà più facile avere una messa a fuoco più omogenea, innanzitutto, perché il piano focale sarà composto da più o meno tutto ciò che stiamo riprendendo.
Lo svantaggio? Avere una foto un po’ più piatta: conviene perciò giocare con luci trasversali che creino una minima presenza di ombre che delineano la tridimensionalità dei soggetti e che ne definiscano visivamente i contorni.
Sarà inoltre comodo realizzare una foto dall’alto qualora volessimo dare uguale importanza a tutto ciò che è presente nella foto.
Inoltre, più bassi e tendente all’orizzontale saranno gli elementi in foto, minore sarà la possibile aberrazione di prospettiva data dall’obiettivo.
Avete presente quando fotografate dall’alto un calice di vino e 9 volte su 10 appare come se fosse storto verso il margine esterno della foto? Ecco, sto parlando proprio di quel tipo di aberrazione!

LA GEOMETRIA E IL VOLUME DEL SOGGETTO PRINCIPALE

Scatto da un set realizzato per MD supermercati settembre 2021

Quando il nostro soggetto ha una geometria che, a differenza di quanto dicevamo poco fa, non tende all’orizzontale ed ha invece profondità e volume (la frusta da cucina non è piatta, giusto?) allora sarà bene valutare quale prospettiva adottare per risaltarne le forme.
Appiattire un oggetto utilizzando un punto di ripresa errato gli fa un torto… ma lo fa anche a tutta la foto, che di conseguenza perde di profondità e di impatto!
Nella foto proposta il mio obiettivo era focalizzare l’attenzione dell’osservatore sulla parte della frusta in cui era rimasta della ricotta: la scelta migliore è stata quindi una ripresa a 45° rispetto al piano d’appoggio, che mi ha permesso al tempo stesso di far percepire anche la lunghezza del manico e la verticalità della frusta.
Volete un altro esempio? Super felice di darvelo!

Scatto realizzato presso Costa Paradiso, b&b a Sulzano (BS) – luglio 2021

Stacchiamoci un po’ dal mondo del food, almeno per un attimo!
Prendiamo in considerazione questo scatto realizzato in un adorabile bed & breakfast in Franciacorta, un luogo incantato e nascosto dove ogni minimo dettaglio è curato con amore e gusto.
Scorgere questi due annaffiatoi tra i rami di ulivo e le ortensie mi ha fatto impazzire, ha subito catturato la mia attenzione ed è stato un attimo volerli immortalare.
Sono degli oggetti la cui forma si percepisce più distintamente sull’asse verticale, giusto?
Allora la scelta più idonea è stata semplice: fotografarli riprendendoli di lato ha messo in risalto questa caratteristica. Questo principio vale per qualsiasi tipo di soggetto: una persona in piedi, il calice di vino di cui parlavamo poco fa, un viale con i lampioni… Le geometrie degli oggetti ci suggeriscono già come fotografarli, basta prestare attenzione!

PUNTI LUCE, RIFLESSI E TRASPARENZA

Scatto realizzato per Il Cibo secondo Micol – novembre 2020

Sembrano tante cose insieme ma in realtà si legano tra loro.
Valutare da dove proviene la luce e in che modo accarezza il soggetto è una condizione preliminare fondamentale per scegliere come fotografarlo.
Come abbiamo già visto nel primo punto, è grazie a questa che avremo più o meno profondità nello scatto! Se associamo una luce che proviene dall’alto a una ripresa flat lay, sarà tutto molto piatto…
Così come lo sarebbe una foto fatta da un’angolazione di 90 o 45 gradi ma con luce frontale!
Una luce diffusa e trasversale è preferibile in molti casi.
Nel caso della fotografia che vi propongo, la luce arriva da dietro al soggetto ed è molto morbida.
Non descrive ombre dure e regala dei bellissimi punti luce sulla superficie irregolare del cavolo nero, creando inoltre delle armoniose opacità contro le scaglie di cacio che rimangono leggermente trasparenti.
Riuscite ad immaginare in quali altre occasioni si può utilizzare questa strategia?

Spesso si pensa che “squadra che vince non si cambia” ma così facendo ci si perde una infinita gamma di possibilità che sono lì ad aspettarci, appena fuori dalla nostra comfort zone.
Perché se è vero che questo articolo è stato scritto da qualcuno che fa della fotografia una professione, è altrettanto vero che i suggerimenti che contiene sono dedicati a tutti e si possono applicare anche quando si vuol fare una foto con il proprio cellulare!
La differenza la fa la strategia di scatto, no?

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Ehi food lovers! Volete catturare l’attenzione? Assecondate la PIGRIZIA!

Forse cominciare con un titolo così vi avrà fatto balenare in testa un miliardo di opzioni…
“Di cosa starà parlando? A cosa si riferirà?” E soprattutto…
“Questo articolo mi suggerirà qualche cosa di utile?”
Bene, ecco fatto. In effetti ho catturato la vostra attenzione.
E in che modo l’ho fatto? Ne sono certa, nessuno di voi vorrà ammettere esplicitamente che è pigro, ma…
La verità è che questo titolo vi ha attirato proprio per questo, invece:
sperate di trovare l’elemento segreto che costituisce la chiave del successo di una fotografia food.
Poco importa se fotografate cibo per lavoro o per raccontare una serata tra amiche o con il partner.
Ottimo, allora cosa aspettiamo?
Parliamone!

IN CHE SENSO PARLIAMO DI PIGRIZIA?

Arance, food photography

Scatto realizzato per Arancia Poggio Pizzuto – gennaio 2021

Ne parliamo a doppio senso.
Non c’è nulla di cui vergognarsi, fa parte di ognuno di noi e prima ce ne accorgiamo, prima la possiamo utilizzare a nostro favore.
Lo sapete, prima di dedicarmi unicamente alla fotografia sono stata una blogger per 7 lunghi anni e vorrei aver avuto qualcuno che mi desse questo consiglio:
tanto noi quanto chi segue i nostri social (business o privati che siano) siamo pigri.
Noi cerchiamo di creare il miglior contenuto possibile nel minor tempo possibile.
“Loro” cercano di ricavare più informazioni possibili nel modo più semplice possibile.
In un certo senso siamo sulla stessa lunghezza d’onda!
Ok, d’accordo, ma questo principio come lo sfruttiamo in fotografia?

PIU’ INFORMAZIONI CONTIENE UN’IMMAGINE, PIU’ E’ SNELLA DA “LEGGERE”

Insalata con pesche, food photography

Scatto realizzato per MD supermercati – agosto 2021

Per “informazioni” all’interno di un’immagine, intendiamo semplicemente gli elementi visivi che ci restituiscono un’idea, un concetto…
nel caso del food: un sapore, una sensazione.
Nella foto proposta, ad esempio, volevo puntare sulla freschezza.
Si tratta di uno scatto pensato per essere proposto in estate, in cui i colori caldi e intensi fanno parte naturalmente di ciò che ci circonda, mentre la freschezza è invece ciò che tendenzialmente ricerchiamo, soprattutto in agosto, quando siamo sopraffatti da due mesi di afa crescente.
Ecco perché ho scelto di dare ampio spazio alla pesca.
Tutto questo è il processo mentale che avviene nel fotografo, che sceglie arbitrariamente come proporre il proprio soggetto e che quindi razionalizza tutta questa gamma di decisioni per poi trasformarle in azione concreta, modellando il set a proprio piacimento.
Chi osserva una foto, però, tutto questo non lo sa… eppure riesce a percepirlo.
Soprattutto se questa strategia viene utilizzata con saggezza e senza creare un’immagine confusa e sovraccarica…

PUNTATE SU UN ELEMENTO E RIPROPONETELO IN VARIE FORME

Muffin alle mele e cioccolato, food photography

Scatto realizzato per Il Cibo secondo Micol – 2018

Credetemi, questo suggerimento vi cambierà la vita.
Sarete più snelli nel lavoro e creerete con poco delle fotografie estremamente armoniose.
Scegliete un elemento della fotografia sul quale puntare di più.
Quello che restituisce più chiaramente il sapore che volete che emerga o quello che più intensamente richiama il mood che volete esprimere.
Selezionatelo e proponetelo nello stesso scatto ma sotto forme diverse.
La mela: intera, ma anche sbucciata, all’interno dello stesso scatto.
Tornate ad osservare le foto precedenti: la pesca, proposta in taglia diversi. Metà, un quarto, un ottavo.
Le arance, con quelle ho fatto altrettanto!
Se mostrate lo stesso elemento visto da più “punti di vista”, sarà molto più facile per il cervello dell’osservatore andare a ripescare nella memoria tutte quelle informazioni che si associano a sapori, esperienze e sensazioni. Assicurato!
E la cosa più bella di questa strategia è che si può mettere in atto sempre.
Non ci credete?

UNA STRATEGIA COMODA E SEMPRE ATTUABILE

Capunsei, gnocchi di Mantova, food photography

Scatto realizzato per Il Cibo secondo Micol – Castellaro Lagusello (MN), agosto 2020

Mettete una gita fuori porta, un caldo soffocante e una fame mostruosa dopo aver camminato per ore alla scoperta di un borgo meraviglioso,
su e giù per le salite delle strade collinari di una piccola frazione di Monzambano.
Mettete la voglia di scoprire un nuovo sapore, quello dei capunsei tipici di quella zona.
Ma mettete anche la voglia di raccontarlo a chi non era lì presente!
Beh, tanto è bastato: una foto a campo molto stretto, uno di questi gnocchi morso per metà così da lasciar intravedere anche le fattezze al suo interno e voilà.
Il racconto di gusto è servito.
Si capisce immediatamente che la consistenza di questo piatto ricorda molto quello dei canederli, perciò verosimilmente non sarà omogeneo e “liscio” al tatto in bocca, si capisce che le erbe la fan da padrona non solo nel condimento, che non contengono un ripieno, ma che l’impasto è variegato e che con ogni probabilità sono vegetariani perché non si vede traccia di carne.
Il riscontro da chi ha visto la foto? Eccolo QUA!

Quello che mi affascina molto dell’arte fotografica, tra tanti aspetti, è comprendere quanto profondamente si leghi con la psicologia.
Pensare che una foto sia ben fatta senza valutare questa peculiarità, sarebbe incredibilmente limitante.
E diciamolo, mentre si creano scatti immaginando come li interpreterà chi li guarderà, non si fa forse un viaggio all’interno anche della propria testa e della propria sfera di significati?

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Lo sguardo del soggetto: al fotografo o all’ambiente?

Qui si apre un bel dibattito…
E la risposta a questa domanda probabilmente vi sorprenderà!
Cosa chiediamo al nostro soggetto?
Chiediamo di volgere lo sguardo verso la nostra macchina fotografica?
Lasciamo che i suoi occhi si posino su ciò che lo attira in quel momento e scattiamo quando ci sentiamo ispirati?
Tutto dipende da un solo fattore: cosa vogliamo comunicare.

REGALARE UN MOMENTO DI SPONTANEITA’

Barbara Palvin, sfilata Missoni - Milano Fashion Week settembre 2021

Barbara Palvin, sfilata Missoni – Milano Fashion Week settembre 2021

Una super modella che non guarda in camera al momento dello scatto? Ahi ahi ahi!
E invece no, è bello così. E’ bello immortalare quel momento in cui guarda altrove, sistemandosi i capelli, quel momento in cui non è più Barbara Palvin, l’angelo di Victoria’s Secret, ma una ragazza come tante che si guarda intorno mentre starà pensando a chissà cosa. Quasi immersa in un mondo tutto suo.
Lo sguardo rivolto a chissà dove fa entrare l’osservatore in un mondo di… dimensioni inesplorate.

COINVOLGERE CHI ASSISTE ALLA SCENA

Beatrice Valli e Marco Fantini, sfilata Missoni - Milano Fashion Week settembre 2021

Beatrice Valli e Marco Fantini, sfilata Missoni – Milano Fashion Week settembre 2021

Il bello del soggetto che guarda in camera, con naturalezza, senza che glielo si chieda.
Non è magico?
Io provo molta più soddisfazione piuttosto che dare indicazioni su cosa fare: si crea una sintonia, anche se a volte fugace, che si ritrova e percepisce poi nell’immagine finale.
Soprattutto se il soggetto sta vivendo un’emozione sincera (in questo caso Beatrice aveva appena sussurrato qualcosa al futuro marito e rideva divertita) e la condivide con il fotografo!
Il quale poi la ripropone a chi la osserva… in un bellissimo gioco di coinvolgimento emotivo.

PRESTARE GLI OCCHI AL CURIOSO PASSANTE IMMAGINARIO

Valentina Ferragni, sfilata Missoni - Milano Fashion Week settembre 2021

Valentina Ferragni, sfilata Missoni – Milano Fashion Week settembre 2021

Ci sono situazioni, non necessariamente di carattere mondano, che attirano l’attenzione del passante.
E allora perché non prestare gli occhi a questo immaginario personaggio curioso, che guarderebbe la scena con tanta avidità quanto in maniera del tutto casuale, scattando una fotografia che comprenda soggetto e contesto? Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, guardare uno scatto come questo non allontana chi lo guarda, anzi!
Si immedesimerà moltissimo nel punto di vista di chi ha scattato la fotografia, così tanto da sentirsi proprio in quel posto, in quel momento, riuscendo a provare delle vere e proprie emozioni…
le stesse che, su sua supposizione, avrebbe provato se fosse stato lì davvero.

OCCHI NEGLI OCCHI: CHI GUARDA CHI?

Servizio fotografico privato – Bovisio Masciago, novembre 2021

Diciamolo, a volte alcune fotografie ci fanno sentire osservati.
Non riusciamo a guardarle troppo a lungo, non capiamo più se stiamo osservando un’immagine bidimensionale oppure se il soggetto è realmente davanti a noi e ci sta squadrando da testa a piedi.
Alcune pose contribuiscono sensibilmente, ad esempio nella foto che vi propongo è evidente l’intento di creare un filo diretto tra soggetto e spettatore.
Ma ciò che più conta è lo sguardo di chi viene fotografato e ciò che esprime.
Sta in questo dettaglio il segreto che ci fa domandare, dentro di noi: “Perché mi guarda così?”.
Domanda a cui non avremo mai risposta certa!

Personalmente trovo che sia bellissimo sapere che il potere comunicativo di una fotografia non può essere imbrigliato in una regola sola: “il soggetto deve guardare in camera” oppure ancora “se guardi altrove la foto viene meglio“. Trovo rassicurante sapere che ci si può sbizzarrire molto di più con le prospettive e si può sguinzagliare la propria fantasia fino all’infinito.
Anche se per contro è proprio questo che getta anche il guanto di sfida a chi si appassiona a questa meravigliosa arte!

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Un anno pieno di possibilità (da fotografare)

Bisogna ammetterlo, questo 2022 è iniziato in maniera un po’ strana, quantomeno per me.
E’ iniziato con la quarantena che mi ha costretta a festeggiare il capodanno su Skype, giornate che sembravano non finire mai e una malinconia che non è certo il buon umore che ti aspetteresti di avere nei giorni di festa. Eppure mentre mi ritrovavo raggomitolata sul divano a guardare fuori dalla finestra, mi è venuto spontaneo pensare che ci saranno una marea di cose stupende da fotografare anche quest’anno!
Il susseguirsi delle stagioni, indipendentemente da quale sia la nostra preferita, ci regala un ventaglio di opportunità uniche nel loro genere, da immortalare anche solo per il gusto di conservare la loro bellezza con noi per sempre, per riguardarle tra quale anno e dire: “E’ vero, a novembre 2021 aveva nevicato un giorno solo a Milano e sembrava la cosa più magica del mondo!”!

ARRIVERA’ LA PRIMAVERA

Borgonato (BS) – Maggio 2021

…e rimarremo incantati nell’osservare l’operosità delle api che sorvolano i fiori.
Qui in Franciacorta, un punto che adoro fotografare è quello che precede la strada che accompagna alla cantina dei Fratelli Berlucchi. C’è una distesa di lavanda, che offre spunti bellissimi.
Ci sono spighe di fiori più chiari, più scuri, ci sono i campi d’erba che anticipano le vigne in crescita e le strutture in pietra che contrastano perfettamente con i colori della primavera… ed è una zona abbastanza tranquilla da poterci perdere il tempo che si vuole per fare un po’ di scatti passeggiando nella natura.
Al massimo ogni tanto ci sarà da stringersi sul ciglio della strada per far passare qualche trattore!

E POI SARA’ IL TURNO DELL’ESTATE

Giugno 2021 – Parco delle Cave (MI)

…ci saranno le scampagnate fuori porta e le ore passate nei parchi di città!
Ci saranno tramonti bellissimi, i paesaggi scaldati dalla loro luce e si troverà riparo dal sole cocente sotto le fronde degli alberi carichi di foglie, dove ci si sorprenderà a fare foto in controluce, scoprendo che è una situazione che sa essere davvero fiabesca.

E FINALMENTE TOCCHERA’ AL MIO ADORATO AUTUNNO

Novembre 2021 – Parco Taxodi (BS)

…ed i miei occhi non sapranno mai fermarsi.
Da ottobre a dicembre per me la natura esplode in tutta la sua bellezza e i colori che intorno a noi sono quelli a cui sento di appartenere. Assolutamente imperdibile, nella zona del lago d’Iseo, è il Parco protetto dei Taxodi di Paratico (BS). I tronchi che affondano le radici nell’acqua e i rami che si intrecciano in alto, sopra le vostre teste, sono uno spettacolo che assume un fascino irripetibile nei pomeriggi autunnali, quando la luce comincia ad abbassarsi e il rosso e l’arancione dei tassodi incendia lo scenario di fronte a voi. Vietato andarci sprovvisti di fotocamera, fosse anche solo quella del cellulare!

E TORNERA’ ANCHE L’INVERNO

Novembre 2021 – Bovisio Masciago (MB)

…una stagione dolcissima, che con la sua neve richiama irrimediabilmente lo zucchero a velo.
I colori freddi e spenti possono essere altrettanto coinvolgenti, quando vengono abbinati ad alti contrasti.
E’ vero, tutto sembra più piatto, sembra perdere di profondità, la natura tende ai toni del grigio e la luce del cielo sembra creare opacità ovunque… ma in realtà, come sempre, basta guardare.
La brina, la foschia, la pioggia, tutto può essere bellissimo se lo si osserva dalla giusta prospettiva!

Sì, questo 2022 è iniziato veramente in maniera un po’ strana!
Ma lo so, sarà anche lui pieno di possibilità… da fotografare.

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Oscar 2021, una serata che passerà alla storia

Che la notte degli Oscar sia tra quelle più attesa dell’anno, ogni anno, è fuori discussione: che sia per sapere chi vincerà, che sia per vedere come sono abbigliati e acconciati gli invitati, che sia per fare un po’ di gossip… è davvero raro trovare qualcuno che sia totalmente indifferente a questa cerimonia storica.
Tutte le nomination sono state svelate proprio nella giornata di ieri e ne abbiamo parlato nelle stories del profilo Instagram @moviesandspaghettitime… ma tutti sappiamo che, al di là di questi passaggi di rito che ci si ripropongono ogni anno, questi Oscar 2021 avranno qualcosa di diverso dal solito… solo le norme anti-Covid?
No! Per fortuna si distingueranno anche per aspetti piacevoli!

statuetta Oscar in primo piano

Quest’anno, infatti, si sta verificando veramente un punto di svolta all’interno della lunga tradizione degli Academy Awards. Non era mai accaduto che una donna ricevesse la nomination per la miglior regia e quest’anno sono addirittura due in lizza per aggiudicarsi la statuetta.
Stiamo parlando di Chloé Zhao, candidata per il suo film “Nomadland” e di Emerald Fennell, per “Promising Young Woman“.

Potere alle donne

Di Chloé Zhao avrete forse già memoria: proprio grazie a Nomadland, in realtà appena il terzo lungometraggio che scrive, dirige e monta, ha ricevuto anche il Leone d’Oro alla scorsa settantasettesima edizione della Mostra internazionale d’arte del Cinema di Venezia, nonché il Golden Globe per miglior film drammatico e quello per miglior regista.
E pensare che tutto è nato dall’incontro casuale della regista con Frances McDorman (protagonista del film e già vincitrice di un Oscar come miglior attrice in Fargo – ndr) durante il marzo 2018, mese in cui le due si sono conosciute in occasione degli Indipendent Spirit Awards… e dopo sei mesi erano già impegnate nella lavorazione di Nomadland.
Emerald Fennell, invece, l’abbiamo conosciuta prima come attrice: è suo il volto di Camilla Shand in “The Crown” ed ha appena 35 anni. Quella con Promising Young Woman? E’ la sua prima esperienza come regista.
Certo il talento era innegabile già da tempo, da quando era stato affidato a lei il delicato compito di sei episodi della già avviata serie televisiva Killing Eve. Questo film è il prodotto di un team di donne eccezionali: vediamo infatti protagonista Carey Mulligan, che ne è anche produttrice esecutiva, e Margot Robbie che produce la pellicola con la sua casa di produzione LuckyChap Entertainment.

Laura Pausini e la nomination per Io sì (Seen)

E poi c’è lei, di cui è sufficiente dire il nome di battesimo per sentir riecheggiare la sua voce e sentire profumo di ragù.
Scusate, ma per me è così… chi più di lei potrebbe farci sentire a casa se ci trovassimo all’estero?
Chi più di lei, nella sua generazione, riesce ad ergersi a baluardo dell’italianità?
Quando ero ragazzina passavo le ore chiusa in camera a cantare le sue canzoni… e se è vero che con il passare degli anni mi sono un po’ allontanata dalla sua musica per avvicinarmi di più ad altri generi, è vero anche che per me lei è sempre l’esempio della donna che vorrei essere, se potessi decidere arbitrariamente in cosa trasformarmi.
La sua forza, la genuinità, il saper “metterci la faccia” sempre, la sua ironia… Laura, ti amo.
Ok e dopo questa dichiarazione d’amore possiamo tornare a noi: la nostra Miss Pausini, quest’anno si porta a casa due enormi soddisfazioni: la vincita del Golden Globe per la Miglior Canzone Originale con “Io sì (Seen)”, colonna sonora intensa ed emozionante del film Netflix La vita davanti a sé con protagonista Sophia Loren, e la nomination agli Oscar sempre per lo stesso brano, disponibile su Spotify e registrato in cinque diverse lingue.
Ci auguriamo con tutto il cuore che a questa doppietta di gioie, che Laura ha splendidamente condiviso sui suoi canali social, si aggiunga anche quello della vincita della famosa statuetta! Ma per questo… dovremo aspettare il 25 aprile.

Ma Oscar… chi è?

Oscar è un uomo d’oro. E’ un uomo speciale. E’ un uomo qualunque. E’ semplicemente un simbolo.
Chi può dirlo? Del resto, quello non è neppure il suo nome originale… E’ stato registrato solo in seguito, mentre all’epoca in cui nacque questo riconoscimento, nel lontano 1929, la statuetta era solo una statuetta e veniva semplicemente chiamata Academy Award of Merit.

statuetta Oscar in primo piano

Ma chi si prende la briga di stabilire chi si merita di tornare a casa con un Oscar sotto braccio e chi no?
La Academy of Motion Picture Arts and Sciences (AMPAS), un’organizzazione costituita da attori, registi, personalità del mondo del cinema. Ne fanno parte, attualmente, niente meno che 6687 membri, il cui presidente è David Rubin e ha sede naturalmente in California, per la precisione a Beverly Hills.
La mente ideatrice di tutto questo? Solo il dirigente della Metro-Goldwin-Mayer…
La cerimonia si svolge nell’iconico Dolby Theatre di Los Angeles, ad Hollywood, ma non è sempre stato così: nel 1929, infatti, gli Oscar vennero consegnati nel Roosevelt Hotel, il più antico hotel della city tutt’ora in uso.
Si trova a pochi passi dal TCL Chinese Theatre e nella sua hall ospita una statua in bronzo di Charlie Chaplin, nel suo indimenticabile Charlot, seduto su una panchina… o almeno era così nel 1999, quando ci ho soggiornato io con la mia famiglia!

il Dolby Theatre di Los Angeles che accoglie da anni la cerimonia della notte degli Oscar

Gli italiani che hanno alzato al cielo un Oscar

Voglio concludere con una carrellata un po’ nostalgica di alcuni grandi italiani che si sono aggiudicati l’Academy Award, certa del fatto che concorderete con me che gli artisti della nostra patria se ne sarebbero meritati molti di più.

Sophia Loren vince l'Oscar come miglior attrice protagonista nel 1962 per La Ciociara di Vittorio de Sica
1962, Sophia Loren vince l’Oscar come Migliore attrice protagonista in La Ciociara, accanto a lei Vittorio de Sica, regista della pellicola
Gabriele Salvatores vince l'Oscar nel 1992 per Mediterraneo
1992, il regista napoletano Gabriele Salvatores stringe tra le mani la statuetta vinta per il suo Mediterraneo, aggiudicandosi il premio per Miglior film in lingua straniera
Carlo Rambaldi porta a casa 3 Oscar, negli anni, per gli effetti speciali di ET, Alien e King Kong
L’effettista ferrarese Carlo Rambaldi e le tre statuette vinte nel 1979 per i migliori effetti speciali di Alien, nel 1982 si aggiudica un altro Oscar per la stessa categoria per il film E.T. L’extraterreste e nel 1976 lo Special Achievement Award per gli effetti speciali di King Kong
Roberto Benigni vince 3 Oscar per il suo film La vita è bella, nel 1999
1999, Roberto Benigni ritira il premio come Miglior attore protagonista nella pellicola da lui stesso diretta La vita è bella. Il film porta a casa anche altri 2 Oscar e 4 nominations
Ennio Morricone porta a casa un Oscar alla carriera nel 2007 ed uno per miglior colonna sonora per Hateful Eight di Tarantino, nel 2016
2007, Ennio Morricone ritira l’Oscar alla carriera in un lungo applauso della platea, che si alza in una standing ovation emozionata. Nove anni dopo ritirerà, finalmente, anche l’Oscar per la miglior colonna sonora del film The Hatetful eight di Quentin Tarantino.

Certo il nostro Ennio avrebbe dovuto vincerne molti di più. Molti, molti di più…
Ma la potenza della vera arte e della magia che si cela dietro al talento di figure come la sua è che mai nessun premio potrà rendere adeguatamente giustizia alla loro grandezza e che nulla potrà mai “impriogionare” in un piccolo oggetto placcato d’oro l’immensa poesia che ci ha regalato con le sue opere.
Poesia che sopravvivrà, nonostante lo spazio e nonostante il tempo.

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Testo a cura di Micol Uberti
Fotografie via web

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Lo strano Sanremo2021 ai tempi del Coronavirus

Quando le poltrone sono vuote, quando il teatro dell’Ariston sembra così grande senza tutte quelle persone dentro, quando gli applausi sono registrati perché non ci sono mani a battere dal vivo… a riempire l’atmosfera c’è la grandezza di chi sta sul palco.
Ieri sera si è tenuta la prima serata del Festival di Sanremo 2021 ed è chiaro a tutti che sarà un’edizione che difficilmente verrà dimenticata. Per la situazione surreale dei bouquet di fiori donati alle artiste e porti loro solo per mezzo di un carrellino in plexiglass che li contiene. Per l’aura malinconica che si percepisce nelle riprese, nonostante una scenografia pazzesca (gira voce che per realizzarla sono stati impiegati la bellezza di 7 chilometri di nastro led) e nonostante gli sforzi della regia per rendere tutto quanto più normale possibile. Per gli artisti che sono emozionati, come sempre, sì, ma in modo diverso. E per la sfilata di personalità eclettiche che si susseguono su quel palco iconico conosciuto in tutto il mondo.

Abbiamo atteso così tanto questo appuntamento tutto italiano, che è nato addirittura un gruppo aperto su Telegram (QUI il link d’invito per partecipare) in cui ci stiamo sbizzarrendo a commentare esibizioni, look, scenografie… Della serie: siamo le Zabette di Sanremo e ce ne vantiamo!

E’ martedì 2 marzo 2021, sono le ore 21.
Viene annunciato l’inizio della serata ed è subito un’esplosione di brio grazie alla coppia, perfettamente funzionante, Amadeus Fiorello. I due presentatori si amalgamano così bene insieme che non ci si rende neppure conto che spesso passa un’eternità tra un’esibizione canora e l’altra! A Sanremo si sono distinti tanti conduttori ma devo ammettere che loro due mi piacciono particolarmente. Da sempre amo Fiorello, che si presenta questa volta sul palco con una cappa coloratissima ricoperta di petali cantando una versione decisamente innovativa di Grazie dei Fior… del resto, se non lo faceva lui, con quel cognome e lì, in quella città… Amadeus invece mi ha convinta definitivamente proprio l’anno scorso grazie a questo Festival.

Un po’ di dispiacere invece lo provo nel constatare che la bellissima (ma davvero, quanto è bella?) Matilda De Angelis non riesce proprio a entrare nelle mie corde. Per i miei personalissimi gusti, il tempo si sospende meravigliosamente quando recita – sono stati subito brividi quando ha interpretato Il bacio di Cyrano – ma nelle gag come Amadeus purtroppo non mi strappa un sorriso ma, anzi, mi irrita. Dico “purtroppo” perché vorrei esprimere più consenso, essere parte del coro, ma… sono onesta e nonostante ciò che penso, sono orgogliosa di vedere una donna italiana così giovane raccogliere così tanti successi, qui e all’estero.

Non scelgo una foto tratta dalla serata di ieri perché, pur essendo haute couture, credo che i look che sfoggiava ieri sera non le donava per nulla giustizia. Tagli inadatti e parrucco indefinito non esaltavano al massimo la sua bellezza…
ma ci aspettano ancora altre serate e sono certa che la situazione migliorerà!

Molto amato da molti, invece, è stato l’outfit indossato da Noemi che la rende così luminosa da farla brillare ancora di più delle luci del palco. Si sente sicura ed è a suo agio nella sua pelle, è impossibile non notarlo.

Arrivato dopo un anno pesante come il 2020, forse questo Festival rappresenta più di quanto si possa immaginare, per il nostro Paese e per ognuno degli artisti che si esibiscono. Forse non è solo intrattenimento, ma è davvero il simbolo di una piccola rinascita ed è lo spazio dentro il quale si muovono delle personalità che, esattamente come tutti noi, ha avuto un’evoluzione forzata nei mesi scorsi ma che ci ha spinti a tirare fuori il meglio di noi.
Mi sembra di vedere un genuino coraggio diffuso e meno sovrastrutture, nonostante sia tutto spettacolare.

A coronamento di questa mia riflessione, mi risuonano in testa le parole di Achille Lauro, ospite fisso per questa edizione, che alla fine della sua performance (ho letto che alcuni sono rimasti delusi… no dai! Seriamente?!) ha recitato versi bellissimi che si sono conclusi con una precisissima semplicità che mi ha aperto il cuore:

Esistere è essere.
Essere è diritto di ognuno.
Dio benedica chi è.

Beh lui, è. Decisamente è. Ne abbiamo già parlato in questo articolo, perciò non mi ripeterò, cercherò almeno di fingere imparzialità! Ma sono parole su cui vale la pena riflettere, pro o contro Achille che siate.
Passando da capello blu a capello blu, è dovuto citare Loredana. Non sto a dire il cognome, non serve.
Loredana che arriva portando un medley molto bello, a mio parere, di suoi grandi successi (evitate di fingere di non aver cantanto “Sei bellissima” insieme a lei!) e conclude con il nuovo singolo “Figlia di”. Che ovviamente è già nella mia playlist dei preferiti di Spotify. Loredana è immensa e così come non ha bisogno di presentazioni, non ha bisogno neppure di elogi…
Perché anche lei, semplicemente è.

Vi lascio con alcune immagini di ieri sera… in attesa degli artisti che si esibiranno oggi. E della nuova performarce di Lauro, naturalmente!

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Testo a cura di Micol Uberti
Fotografie via web

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E poi arriverà lui, Achille Lauro

Trent’anni compiuti a luglio, talento da vendere e grinta da invidiare.
Non posso nascondere che per me, nei confronti di Achille Lauro, è stato amore a prima vista.
Ho sempre amato moltissimo i personaggi fuori dal comune, quelli che ti danno l’impressione che non sia “tutto lì”, ma che ci sia sempre dell’altro da scoprire. Eh beh… Lauro è così, da quando abbiamo cominciato a sentir parlare di lui ci siamo sentiti istintivamente pronti ad aspettarci grandi cose, cambiamenti compresi. E non ci ha certo delusi mai.
Qualche giorno fa passeggiavo, stranamente senza cuffie, sul lungolago e origliavo un po’ quello che diceva la gente che incrociavo. Mi sono sorpresa a sorridere da sola, compiaciuta, quando ho sentito una coppia dirsi allegramente: “Eh dai, settimana prossima c’è Sanremo, sono curioso di vedere cosa farà Achille Lauro!”. A pronunciare queste parole erano una signora e un signore sull’ottantina.

Se c’è qualcuno tra di voi che si basa ancora sulle apparenze e giudica dalla copertina, allora ha due possibilità.
Uscire da questo blog oppure continuare a leggere questo articolo, quanto meno per crescita personale.
Dietro ai tatuaggi sul volto, i look surreali e le espressioni ambigue di Lauro, si nasconde un universo di genialità che riesce a declinarsi in tante sfaccettature diverse. Forse questo è ciò che accade quando uno le cose le sente davvero, si concede il lusso della libertà di espressione che prima ancora che verso ciò che è esterno, deve venire dentro di noi.
Ok forse questo articolo avrei potuto intitolarlo “Ode ad Achille Lauro”…
che ci devo fare, anche io voglio esprimere senza riserve la mia ammirazione per lui!

Se pensiamo che in un anno indefinibile come quello appena passato, è riuscito a pubblicare tre progetti, possiamo avere una misura della sua vitalità creativa.
A luglio ha rilasciato infatti 1990, suo sesto album in studio, a fine settembre è la volta di 1969 Achille Idol Rebirth in cui rielabora la sua precedente raccolta uscita l’anno prima a cui ha aggiunto 4 inediti e infine a dicembre ci ritroviamo con la sorpresa di 1920 – Achille Lauro & the Untouchable Band in cui possiamo ascoltare varie cover, alcune contenenti seconde voci inconfondibili come quelle di Annalisa e Gigi d’Alessio. Un bel regalo di Natale (e compleanno, per me) anticipato, insomma!
In tutto questo, a inizio anno viene nominato Chief Creative Director dalla Warner, per la sussidiaria Elektra Records.
Non è successo ad alcun artista prima di lui, in Italia.
Una bella soddisfazione, no?

Personalmente sto vivendo nell’attesa che sia domani sera, quando sugli schermi delle nostre case tornerà la coppia (decisamente vincente) Amadeus-Fiorello, sul palco del leggendario Ariston.
Sanremo è alle porte e se, ammetto, negli anni passati lo vedevo più come un festival noioso che si sviluppava con lentezza, ora ritrovo nuova fiducia e curiosità proprio grazie a figure innovative come quella di Lauro.
Da giorni piovono promesse sul profilo Instagram dell’artista, che stuzzicano la mente di chi lo segue e ci fanno porre tante domande. Ma manca poco, davvero poco!
Ci propone un gioco dell’impiccato in cui, al momento, gli indizi sono: “5 lettere. 5 quadri. 5 anime. 5 benedizioni.”.
Come minimo, aspettiamo che ne arrivi un quinto… Ma manca poco, davvero poco, prima di sapere di cosa si tratta.
Del resto da un ragazzo che è cantante, musicista, compositore, regista cinematografico, attore, produttore, scrittore e trend setter, possiamo prevedere qualcosa? Io dico di no. Forse il gioco dell’impiccato è fine sé stesso, ma noi ci scervelliamo ugualmente volentieri. Ma manca poco, davvero poco.

L’unica cosa certa che si sa, per ora, è che qualunque cosa sia stata frutto della sua immaginazione, è già in viaggio verso Sanremo e forse è anche già giunta a destinazione.
Questo pomeriggio sono stati avvistati (senza difficoltà, aggiungerei) dei van, in zona City Life a Milano, che lasciano ben pochi dubbi riguardo alla proprietà, considerata l’enorme scritta che riporta proprio il nome di Achille Lauro, ma molti sul contenuto.
Manca poco, davvero poco… poche spiegazioni, tanta suspense e poi…
e poi arriverà lui, Achille Lauro.

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Testo a cura di Micol Uberti
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Alberto Sordi, quanto ci manchi…

Alberto Sordi… diciotto anni senza di te sembrano un secolo intero!
E’ vero, i miti come te sono immortali, ma così dobbiamo immaginare noi quello che sarebbe stato e siamo consapevoli che non sarà mai grandioso come ciò che avresti fatto realmente tu.
Il 24 febbraio 2003 moriva nella sua amata Roma l’icona assoluta dell’italiano nel mondo.
Nei quasi 200 film a cui ha preso parte, ha dato vita a personaggi che rimarranno per sempre parte dei miti del cinema e ha citato frasi che per sempre verranno utilizzate come espressioni comuni da ognuno di noi,
tanto che diverranno quotidiane anche per le generazioni future.
Ditemi che parole vi vengono in mente a guardare l’immagine qui sotto!

Alberto Sordi in "Un americano a Roma" nella scena più celebre in cui divora i maccaroni
Alberto Sordi nella celebre scena di Un americano a Roma, 1954

Guardando sue interpretazioni immemorabili, come Un borghese piccolo piccolo (1977) ci si chiede come sia stato possibile che gli ci volle un decennio sulle scene, per guadagnarsi il posto d’onore di cui era veramente degno.
Infatti fu solo grazie a I Vitelloni (1953) di Federico Fellini, che riscosse realmente successo… eppure aveva già fatto parte del mondo del cinema in tante pellicole prima di allora!
Altrettanto incredibile è pensare che, proprio a causa della sua inflessione romanesca, venne espulso dall’Accademia dei Filodrammatici di Milano… del resto, le regole sono regole. E ogni strada che ci viene sbarrata davanti, ci obbliga a deviare su altre che alla fine ci portano alla meta che vogliamo raggiungere.
Se non fosse stato rimandato a Roma, non avrebbe cominciato a fare comparsate nei film girati a Cinecittà e non avrebbe neppure intrapreso la sua carriera da doppiatore: fu grazie alla casualità della vincita di un concorso di MGM che prestò per la prima volta la sua voce a Oliver Hardy, il famosissimo Ollio del duo comico, nel ridoppiaggio della pellicola Sotto Zero, cortometraggio girato nel 1930.
Alberto Sordi aveva appena 17 anni ma la sua voce era così ben formata e definita, che fu proprio il direttore della Metro-Goldwyn-Mayer a volerlo. Le cose che spettano a noi, faranno in modo di trovarci.

Stanlio e Ollio suonano sotto la neve in una scena di "Sotto Zero"
Il duo comico Stanlio e Ollio in una scena di Sotto Zero, 1930

Se è vero che, in questo ambito così come in quello attoriale, è ricordato molto facilmente per la sua comicità, bisogna riconoscergli anche un’eccezionale credibilità nei ruoli drammatici che gli hanno consentito di sfoggiare ampiamente tutte le sfumature della sua bravura.
Nel già citato Un borghese piccolo piccolo, ad esempio, per la regia di Mario Monicelli e in cui lo vediamo a fianco di un giovane Vincenzo Crocitti. Proprio grazie a questa pellicola impegnata, quest’ultimo vinse un premio speciale ai David di Donatello, nonché il Nastro d’Argento al miglior attore esordiente. Alle stesse rassegne, Sordi vinse il premio di Miglior attore protagonista.

Alberto Sordi e Vincenzo Crocitti in una scena di "Un borghese piccolo piccolo", per la regia di Mario Monicelli, 1977
Alberto Sordi e Vincenzo Crocitti in una scena di Un borghese piccolo piccolo, 1977. Il primo interpreta il padre del secondo.
Un primo piano di Alberto Sordi in "Un borghese piccolo piccolo"
Un primo piano carico di emozione di Alberto Sordi, nella stessa pellicola.

Certo non c’è da stupirsi se un attore così poliedrico, una colonna portante del cinema nostrano, abbia lasciato un segno profondo anche negli anni successivi alla sua scomparsa. Tanti premi cinematografici ora portano il suo nome, così come l’imponente Galleria Alberto Sordi di Roma, che fino al 6 dicembre 2003 si chiamava Galleria Colonna, dal nome della piazza che la ospita.
Uno dei punti più conosciuti e importanti della capitale, dato che si tratta anche di una delle sedi della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Albertone nazionale è un vero e proprio simbolo dell’Italia nel mondo e la sua innata bravura nel comunicare è stata suggellata anche dalle due lauree ad Honoris Causa proprio in scienze della comunicazione, arrivate una dallo IULM di Milano ed una dall’Università di Palermo, entrambe appena un anno prima della sua morte. Nonostante le sue difficoltà, dovute alla malattia che lo stava portando via, presenziò ad entrambe le cerimonie. Riposava invece già in pace nella sua tomba di famiglia nel cimitero romano di Campo Verano, quando in suo ricordo gli venne conferita la Medaglia d’Oro ai benemeriti della cultura e dell’arte il 25 marzo 2003.
Eppure noi lo sappiamo che sarà stato lì, a sfoggiare il suo eterno sorriso sornione, guardando quaggiù, da quell’asteroide che gli è stato dedicato e che porta il suo nome.

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Testo a cura di Micol Uberti
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Pierfrancesco Favino in “Riva in the movie”

Voi lo avete un sogno?
Sì? Allora siete nel posto giusto.
Anche io ne ho uno, non saprei dire se è grande, piccolo, gigante, impossibile…
Qualcuno di recente mi ha detto che non si può dare una misura tangibile e concreta a qualcosa che non lo è, perché è frutto della nostra immaginazione.
Quello che so per certo, però, è che si può realizzare.
Così come è stato per il sogno di Carlo Riva, nato nella Sarnico in cui ora orgogliosamente abito e che ha dato vita ai motoscafi più iconici ed eleganti di sempre, che portano il suo cognome.

Guardatela bene la foto qui sopra, perché è iniziato tutto lì.
Quando tutto quel destino che lo circondava già a soli tre anni d’età, si rivelerà un destino che Carlo ha poi preso per mano circa trent’anni dopo, quando quel bambino era cresciuto ed era diventato un ingegnere.
La storia del cantiere nautico Riva è lunga, ma ben più riassumibile è il concetto che si ritrova in ogni tappa di questo viaggio:
credere così tanto e in modo sconfinato a un sogno, da catturarlo e renderlo vero.
Non sono parole mie, a pronunciarle è uno dei più bravi attori che abbiamo in Italia, Pierfrancesco Favino in Riva in the Movie.
Le riporta come voce fuori campo mentre le inquadrature di lui che scivola sui canali di Venezia a bordo di un Aquariva Super lasciano spazio alle emozioni. Quelle che fa provare a chi guarda questi 4 minuti di cortometraggio e quelle che prova lui, guidando un motoscafo tra i canali di Venezia, che in altre occasioni non avrebbe mai potuto fare essendo vietato.

Il cortometraggio celebra non solo il sogno ma anche il legame che unisce da sempre le barche Riva al mondo del cinema.
I motoscafi dallo stile unico al mondo diventarono rapidamente un simbolo internazionalmente riconosciuto di raffinatezza, nonché sinonimo di bella vita, un modo di vivere tutto italiano in cui il relax si fonde al godimento.
La collezione privata più completa al mondo è di Romano Bellini, proprietario di Bellini Nautica (cantiere specializzato proprio nel restauro di imbarcazioni Riva) sito sulla sponda bresciana del Lago d’Iseo, visitabile su prenotazione.
Se subite il fascino di questi yacht, andarci è d’obbligo: dal primissimo Riva Racer risalente al 1920 fino ai più recenti Super Ariston e Olympic del 1973, sono tutti presenti nella Riva Vintage Collection di Clusane.

Kirk Douglas ed il suo motoscafo Riva
Kirk Douglas e il suo motoscafo Riva, battezzato Eleven-Eleven

Sophia Loren arriva al Lido di Venezia a bordo di un motoscafo Riva e saluta la folla
Sophia Loren saluta la folla del Lido di Venezia, dopo essere passata sotto al Ponte di Rialto su un motoscafo Riva

Sean Connery alla guida di un motoscafo Riva
Uno splendido ricordo dell’indimenticabile Sean Connery: libero, divertito, felice.

Non solo coprotagonisti di tante pellicole, i motoscafi Riva, ma anche dei veri e propri gioielli che le celebrities volevano per sé già dai primi anni della loro diffusione su larga scala.
Basta guardarne le linee per capirne il motivo, del resto. 

Brigitte Bardot prende il sole sdraiata sulla poppa di un motoscafo Riva
Brigitte Bardot, la quintessenza della classe. Tritone, la quintessenza dell’eleganza. Si esaltano a vicenda in questo splendido scatto aereo.

Vi lascio QUI il link per poter vedere il cortometraggio Riva in the Movie, sono 4 minuti che vi faranno bene al cuore, promesso. E ditemi se anche voi, mentre lo guardate, non sognate di essere lì al fianco di Pierfrancesco Favino.

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Testo a cura di Micol Uberti
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Meghan, Harry, la gravidanza e l’essere fotografi ai tempi del covid

Lo abbiamo letto su tutte le testate giornalistiche: Meghan ed Harry hanno annunciato l’arrivo del secondogenito (o sarà una secondogenita?) proprio ieri, attraverso i canali social, durante il giorno di San Valentino. Una scelta sicuramente romantica e ben studiata, che fa finire questo evento più nella cronaca rosa delle celebrities, piuttosto che tra i comunicati telegrammatici in uso nelle royal families… e del resto così è giusto che sia, dal momento che hanno deciso di non farne più parte!
La cosa curiosa all’interno di tutto questo è la fotografia dell’annuncio.
Perché? Lo scopriamo subito!

Meghan e Harry annunciano la gravidanza con una foto sui social
dal profilo Instagram del fotografo @misanharriman

E’ sicuramente uno scatto molto dolce e spontaneo, quello che ritrae Meghan e Harry persi in uno sguardo innamorato su un prato soleggiato, ma leggendo tra le righe degli articoli dedicati all’annuncio della seconda gravidanza della duchessa di Sussex, si nota che in molti riportano che la fotografia è stata realizzata da remoto da Misan Harriman, utilizzando l’ipad. Il fotografo, amico della ex star di Hollywood (sapete che Meghan ha fatto anche una piccola comparsa in Come ammazzare il capo e vivere felici?) ha preparato la fotografia e ha catturato il momento.
Ma cosa intendiamo se parliamo di scatto da remoto?
Generalmente, con questa espressione indichiamo una fotografia scattata utilizzando un telecomando attraverso il quale, dopo aver gestito e calibrato adeguatamente diaframma, sensibilità ISO, messa a fuoco e tempo di scatto, viene dato l’input alla fotocamera di “premere” metaforicamente il tasto di ripresa e quindi realizzare lo scatto.
Notando le condizioni di luce dell’ambiente in cui sono ritratti Meghan ed Harry, il contesto ed alcuni dettagli della fotografia, risulta però improbabile che ci sia di mezzo l’utilizzo di un cavalletto (perché senza cavalletto, la gestione da remoto risulta piuttosto inutile)… soprattutto se pensiamo che è stato utilizzato un ipad!
E allora che cosa significa qui, “scatto da remoto”?
Significa, con ogni probabilità, che Misan Harriman si è avvalso di una app che permette di associare due dispositivi e di gestire il secondo attraverso il primo. Immaginate che ora io possa entrare nel vostro computer o nel vostro smartphone e possa utilizzarli a distanza. Lo stesso è avvenuto per la realizzazione della fotografia di Meghan e Harry!
Sarà stato sufficiente, alla coppia, posizionare il proprio dispositivo e mettersi in posa seguendo le direttive di Misan Harriman che si è messo in comunicazione con loro, il quale avrà poi impostato tutti i parametri di scatto e avrà quindi immortalato questa romantica scena, ritrovandosi la fotografia direttamente nel suo rullino attraverso Cloud.
Geniale, no?
Certo, forse il risultato manca di quell’effetto “dreamy” che ci aveva fatto sospirare davanti agli scatti che annunciavano il loro fidanzamento…

Harry e Meghan in uno scatto dell'annuncio del loro fidanzamento

In quel caso, il servizio fotografico era stato realizzato dal vivo (era novembre 2017) ed era a cura di Alex Lubomirski, già conosciuto per aver ritratto volti come Beyoncé, J-Lo, Charlize Theron e Nathalie Portman… e a cui era stato affidato anche il delicato compito di occuparsi dell’album di matrimonio, avvenuto il 19 maggio 2018.
Ma le condizioni erano ben diverse: all’epoca si poteva vivere la libertà da ritrarre in prima persona, si poteva respirare l’atmosfera del momento immortalato e ci si poteva avvicinare tanto da poter palpare con le proprie mani l’emozione che sarebbe stata eterna grazie alla fotografia.

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Testo a cura di Micol Uberti
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#FotoAssaggi – Ibrida Birra, buona come il pane di Milano

Ci sono tre motivi per i quali questa birra mi piace così tanto.
Il primo è che regala nuova vita a un bene di primaria importanza, come il pane, e abbatte gli sprechi. Il secondo è che è un progetto che nasce da menti creative giovani, 4 designer che si sono riuniti al Politecnico di Milano e hanno realizzato un sogno. Il terzo, che ve lo dico a fare? Il terzo è che Ibrida Birra è davvero buona come il pane!
La storia di questa incredibile idea nasce proprio tra le strade della mia città, la splendida Milano, dove a dispetto di una frenesia per cui ci apostrofano in tutto il mondo, c’è ancora una laboriosità più lenta e tradizionale: quella del pane che lievita nei locali dei fornai che popolano la città. Se pensiamo al cibo, nel senso più semplice, secolare e puro, non ci può venire in mente altro se non che il pane. La sua sacralità, le sue origini… Come abbiamo potuto per così lungo tempo darlo per scontato?
Akanksha, Elisa, Francesca e Simone non lo hanno fatto ed è proprio da questo piccola presa di coscienza, da questo piccolo barlume di speranza, che tutto ha iniziato, per Ibrida Birra.

Ibrida Birra è prodotta con il pane invenduto sul territorio di Milano
Ibrida Birra, buona come il pane

VALORI & OBIETTIVI

Sapete che in Italia, purtroppo, il 12% dello spreco alimentare riguarda proprio il pane? Sembra difficile da credere, se pensiamo che è un bene che non manca praticamente mai sulle nostre tavole… Eppure è così!
Per questo motivo Ibrida Birra di propone di far riflettere su questo punto, proponendo come soluzione quella di impiegare queste eccedenze nella produzione di birra: il pane sostituisce il 30% della quantità di malto che tradizionalmente viene impiegata.
Ibrida Birra si impegna a produrre birra di qualità utilizzando prodotti locali, a km 0, coinvolgendo attivamente i protagonisti del territorio milanese per promuovere l’attenzione agli aspetti sociali del grave problema dello spreco alimentare.
Un modo saggio e creativo di donare nuova vita a qualcosa che sarebbe andato perduto per sempre!

LA SELEZIONE

Se avete immaginato che il metodo di produzione implichi una possibilità limitata in termini di tipologie di birre, mi dispiace dirvi che siete fuori strada. Anzi, ora che ci penso bene non mi dispiace affatto! Ibrida Birra offre due Pale Ale – la Ibrida x I Quartieri e
la Ibrida x Miccone – e una Porter, la Ibrida x Chiaravalle.
Quest’ultima, ad esempio, è prodotta con il pane di segale invenduto del panificio Davide Longoni. La segale impiegata, è appunto coltivata nei campi di Chiaravalle! Mantiene il tipico sapore tostato delle Brown Porter.

Ibrida Birra nasce dall'idea di 4 giovani designer del Politecnico di Milano

Testo e fotografia
a cura di Micol Uberti

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Abate Wine, il vino del lago di Garda con una storia da raccontare

L’attenzione sempre maggiore che il mondo dell’alimentazione pone sul vino, è un chiaro segnale di quanta importanza abbia nell’insieme di ciò che si propone a tavola.
Gli abbinamenti, i bouquet olfattivi, le note più delicate e ricercate di sapori…
La maggior parte di noi conosce davvero solo una piccola percentuale di tutto ciò che è il vino e se esistono corsi specializzati per saperlo “leggere” correttamente, è vero anche che costruirsi un palato più raffinato può essere anche frutto di una bevuta consapevole e concentrata del vino che portiamo a casa. Certo, purché questo vino sia di qualità, naturalmente! In questi giorni io sto scoprendo la selezione di Abate, azienda agricola situata appena a sud del lago di Garda.
Quest’anno, la loro realtà compie un secolo esatto di storia, e noi la festeggiamo degustando i loro Lugana e il loro Tiracollo.

LE TIPOLOGIE DI VINO

Pochi, ma molto buoni.
La selezione di Abate è composta da 3 tipologie di vino, di cui due bianchi ed un rosso. Tutti di altissima qualità.

  • Lugana DOC 2018 – è un vino la cui produzione è consentita solamente nella zona compresa tra Brescia e Verona e prende il nome proprio dalla località che si trova per l’appunto a sud del lago di Garda. Nei pressi si trova anche il Consorzio di Tutela del Lugana, un vino che ha moltissimo da raccontare. Per chi non lo conoscesse, stiamo parlando di un vino bianco, quello di Abate è fermo e ha un sapore delicato che lo rende un’ottima scelta per accostare piatti delicati, magari di pesce (ad esempio QUESTO) o anche per aperitivi estivi da godere al tramonto. Prezzo a bottiglia: 12€
  • Lugana DOC 2019 – Del tutto uguale per struttura al suo fratello maggiore di cui abbiamo appena parlato, questo vino è semplicemente più giovane. Le differenze di sapore sono minime, forse spiccano maggiormente le note floreali perché ha trascorso meno tempo in bottiglia tra il momento della produzione e quello del consumo. Si abbina piacevolmente a primi non troppo elaborati (vi suggerisco QUESTO) e va servito fresco ma non eccessivamente freddo. Prezzo a bottiglia: 10€
  • Tiracollo 2019 – Ecco il rosso della selezione Abate! Prodotto con Marzemino, Rebo (a sua volta frutto dell’incrocio tra Teroldego e Merlot) e il Groppello tipico del Benàco, regione territoriale del lago di Garda. Questo vino si appresta facilmente a completare il quadro di sapori che nascono da primi più ricchi, secondi piatti di carne rossa (vi consiglio di provarlo con QUESTO) e va servito a temperatura non superiore ai 18 gradi. Può essere consumato fino a 4 anni dopo l’imbottigliamento e le note di frutti di bosco rossi sono quelle più riconoscibili. Prezzo a bottiglia : 9€.

IL TERRITORIO DA CUI PROVENGONO

Comprendere il territorio di produzione di un vino, ci dice molto sulla sua identità. La composizione dei terreni, la presenza di determinati elementi, i fattori climatici… Tutto questo contribuisce alla struttura delle uve che vengono impiegate. Il risultato è determinato dalle caratteristiche dei vitigni, che si sommano a quelli appena elencati.
I terreni di produzione del vino Abate di estendono a sud del lago di Garda, in due punti differenti.
Le uve impiegate per la produzione del Lugana, infatti, crescono su un terreno più argilloso e calcaroso rispetto a quello che ospita i vigneti destinati al Tiracollo, che è ricco di limo e le argille che contiene sono più fini di quelle del primo.
Si tratta comunque di colline moreniche, in cui il microclima particolare che le caratterizza fa sì che gli inverni non siano eccessivamente freddi, assicurando quindi ai vitigni una crescita a una temperatura media di 15 gradi nell’arco dell’anno. La vite è una pianta molto sensibile a questo fattore!

UN REGALO PER SE’ E PER GLI ALTRI

Buono, bello nella presentazione, di qualità…
Cos’altro manca a questo vino per essere una vera e propria coccola per sé o per gli altri?
Nulla!
Anche le etichette che hanno scelto per le loro bottiglie sono degne di nota e ricche di significato.
Cosa c’è di più bello del fare a qualcuno un regalo che racconti qualcosa? La storia di Abate e del loro stemma la trovate qui.
Buona lettura!

Testo e fotografie
a cura di Micol Uberti

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Vellutata di asparagi in pagnotta

E poi un bel giorno apri il laptop, guardi nell’archivio fotografico delle ricette che hai preparato durante il lockdown e scopri che ce n’è una mai pubblicata. Che peccato, era bella e gustosa! Così, anche se si parla di asparagi e ormai non è più tempo di vellutate per via del caldo, decido di proporvela ugualmente, così magari la salvate tra i vostri preferiti e si scopre che tra qualche mese proverete a riprodurla. Del resto, ammettetelo, quante ricette avete nel cassetto da tanto tempo e ancora non avete provato a realizzarle? Anche per me è così e questa vellutata di asparagi, ve lo giuro… Merita l’attesa che vi separa dal loro ritorno sul mercato!

INGREDIENTI NECESSARI PER 4 PERSONE

  • 600 g di asparagi freschi;
  • 1 dado da brodo vegetale;
  • 250 ml di panna da cucina;
  • 1 testa d’aglio;
  • 3 cucchiai d’olio e.v.o.;
  • 1 scalogno piccolo;
  • una pagnotta grande tipo pugliese oppure una pagnotta di piccole dimensioni per ciascun commensale;
  • qualche noce.
Mazzetto di asparagi freschi

PROCEDIMENTO PER LA PREPARAZIONE

  1. Come prima cosa, puliamo gli asparagi privandoli della parte più legnosa dei gambi. Li sciacquiamo accuratamente con acqua corrente e li tagliamo a metà per il lungo.
  2. Affettiamo lo scalogno, schiacciamo la testa d’aglio e li facciamo rosolare con l’olio in padella, a fiamma moderata. Quando saranno imbionditi, buttiamo anche gli asparagi e li facciamo saltare a fiamma media per qualche minuto.
  3. Facciamo scaldare un litro e mezzo di acqua con il dado sciolto in essa e appena raggiunge il bollore trasferiamo il contenuto della padella, abbassiamo la fiamma, copriamo con un coperchio e lasciamo sobbollire per circa 20 minuti.
  4. Spegniamo il fuoco, rimuoviamo la testa d’aglio e servendoci di un frullatore ad immersione, frulliamo accuratamente tutto.
  5. Aggiungiamo la panna da cucina, accendiamo nuovamente la fiamma al minimo e mescoliamo costantemente per 5 minuti.
  6. Copriamo con il coperchio e lasciare riposare mentre ci occupiamo del pane. Prendiamo la pagnotta e, con un coltello dentellato, tagliamo la calotta superiore. Asportiamo la mollica interna e con le dita appena appena unte d’olio, premiamo su quella che rimane attaccata alla crosta così da renderla più liscia e impermeabilizzarla con l’olio.
  7. Versiamo la vellutata, utilizzando un mestolo, all’interno del recipiente di pane e concludiamo l’impiattamento con qualche noce sbriciolata grossolanamente e un filo d’olio a crudo.

COME PRESENTARE IL PIATTO

Un’idea carina, semplice e bell’effetto è quella che ripropone nell’impiattamento stesso l’asparago per intero. Tenete da parte 2 o 3 metà per ciascun commensale e adagiatele al centro del letto di vellutata, sovrapponendole tra loro.

UNA BUONA ALTERNATIVA

Se l’idea che vi piace è quella della pagnotta, potete riproporla per servire una più estiva zuppa di pesce. Se invece avete voglia di verdure cremose, potete realizzare una ricetta del tutto simile con i peperoni, lasciandola raffreddare prima di servirla in ciotole colorate che riempiranno la vostra tavola di allegria!

Vellutata di asparagi servita in pagnotta e decorata con noci sgusciate

Testo e fotografie
a cura di Micol Uberti

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Capuano’s, dove la pizza è una cosa seria!

Che strana estate, questa estate! Piena di imprevisti, di vacanze e viaggi rimandati, di voglia di partire, di fantasia… Fantasia, sì, perché se non si può prendere un aereo e andare dove vorremmo, possiamo sempre chiudere gli occhi e sognare. Se io chiudo i miei, mi vedo su una spiaggia del Sud Italia,
magari vicino a Napoli, a mangiare una pizza
, mentre contemplo il mare.
Se li riapro… è per controllare su Google dove posso andare a Milano per trovare una pizza che mi dia quella sensazione!
Il posto lo conoscevo già, ed è Capuano’s, da cui avevo mangiato poco dopo l’inaugurazione del primo locale di via Londonio (MM Gerusalemme / MM Domodossola, a due passi da Corso Sempione e Sarpi).
Quello che mi rimaneva da scoprire è il nuovo menù estivo, così sono stata invitata a degustarlo nel secondo ristorante Capuano’s di Milano, che ha aperto ad ottobre in via Orseolo (MM Sant’Agostino).

BENVENUTI DA CAPUANO’S!

Ambiente sempre molto piacevole, dove la presenza del loro verde scuro e del bianco dà carattere ma crea un’atmosfera molto rilassante, arredamento minimalista e piastrelle brillanti alle pareti: tutto parla di semplicità, perché così deve essere! Il massimo della cura che ripongono nei loro piatti non ha nulla a che vedere con inutili sovrastrutture stilistiche.
La loro filosofia è chiara e diretta: se qualcosa è fatto come si deve, non servono a niente i fronzoli. La bontà parla da sé!
Del resto sono loro i primi a dire: “Non siamo una pizzeria gourmet, preferiamo definirci Artigiani della pizza!”.
Missione compiuta, ragazzi!
Ora basta chiacchiere, passiamo alla nostra esperienza da Capuano’s.
Scegliamo di sederci ai tavoli esterni e di sorseggiare un calice di rosé accompagnando così una deliziosa new entry tra gli antipasti…

IL MENU’ ESTIVO

La new entry tra gli starters, è senza dubbio un inno all’estate: i fiori di zucca ripieni, panati e fritti sono un sapore che vi farà subito pensare a dei bei ricordi d’infanzia. Ne sono certa, che siate del Sud o del Nord, non c’era era estate italiana e non c’era nonna in cucina che non li preparasse almeno una volta tra giugno e settembre! Quelli di Capuano’s sono deliziosi, perché la panatura rimane perfettamente croccante ma il ripieno di fior di latte morbido e fresco all’interno è un ottimo invito a continuare a mangiare alla loro tavola. Unico consiglio? Se non avete grandi stomaci, meglio condividere l’entrée con qualcuno! Così siete sicuri che riuscirete ad assaggiare le loro pizze, che meritano moltissimo. Io ho deciso di mangiare la Amatriciana: salsa al pomodoro ricca ma non unta, in cui la presenza del guanciale è discreta e il sapore perfettamente definito. Non c’è una sola ragione per cui non dovreste assaggiarla! Il profumo che vi arriva appena ve la servono, vi catapulterà in un’altra dimensione, ve lo garantisco.
Tra le altre pizze estive si annoverano la Parmense, la Parmigiana Estiva e altre proposte leggere ed invitanti, in cui il sapore non manca mai. E’ possibile chiedere l’impasto integrale e senza glutine.
Tra i dolci, quello più estivo e che vi suggerisco di assaggiare senza dubbio è la Delizia al Limone!

La pizza estiva Amatriciana di Capuano's di Milano, in via Orseolo

VINI, BEVANDE & SCONTRINO

La selezione di vini è piuttosto ristretta da Capuano’s, ma quelli in lista sono tutti di ottima qualità. Tra questi, anche un Franciacorta, che contrariamente a quanto si possa pensare è un ottimo abbinamento con la pizza! Avete mai provato? Se no, è ora di farlo!
Le birre si suddividono in classiche e in speciali, provenienti tutte dalla Valsugana. Le bevande? Possiamo assicurare che il Chinotto bio Cortese è veramente molto buono. L’invito che vi facciamo è quello di non limitarvi alla classica Coca-Cola, spaziate con la fantasia e non rimarrete delusi!
I prezzi oscillano tra i 6 e i 14 euro per pizze e antipasti, un rapporto qualità-prezzo più che corretto!

Consiglierei a qualcuno di andare a mangiare da loro? Assolutamente sì, perché conoscono molto bene il prodotto che offrono, l’esperienza in ristorante è molto piacevole e rilassante e i locali sono situati in punti che consentono poi di fare due passi in due delle zone più carine della città. Altrimenti è sempre ordinabile online sulle principali piattaforme di delivery oppure è possibile passare a ritirarla e mangiarla a casa. Quindi, cosa state aspettando?

Testo e fotografia
a cura di Micol Uberti

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Tagliatelle all’uovo con sugo rustico di pomodorini

Forse sarà un cliché tutto italiano, ma se mi dite la parola “estate” a me vengono in mente immediatamente due cose: i pomodorini rossi, maturi, succosi… e il profumo del basilico sulla terrazza dei miei genitori.
Qualche giorno fa ho fatto un giretto tra le bancarelle del mercato del mio paese e il mio occhio è stato subito ammaliato da un cesto di pomodorini Piccadilly che rubavano la scena a tutto ciò che avevano intorno.
Non ho potuto fare a meno di comprarli e mentre li portavo a casa già li immaginavo a far da condimento alle tagliatelle all’uovo che avevo in programma di fare la domenica, complice una bella manciata di foglie di basilico. Leggero, gustoso e pieno di allegria, questo piatto è una vera ode all’estate italana!

INGREDIENTI NECESSARI PER 4 PERSONE

  • 300 g farina di grano Senatore Cappelli (io ho utilizzato quella di Molino Rachello, fantastica!)
  • 3 uova medie (a temperatura ambiente)
  • un pizzico di sale
  • acqua in caso di necessità
    &
  • 500 g di pomodorini maturi
  • 1 spicchio di aglio fresco
  • 5 cucchiaio di olio e.v.o.
  • parmigiano reggiano o grana padano da grattugiare (facoltativo)
Tagliatelle all'uovo fatte in casa

PROCEDIMENTO PER LA PREPARAZIONE

  • Partiamo dalle tagliatelle: la prima cosa da fare è disporre a fontana la farina, su di una spianatoia oppure su un tavolo liscio. Al centro faremo una fossetta dentro cui adageremo le uova, sia tuorlo sia albume. E’ importante che le uova siano a temperatura ambiente, mi raccomando!
  • Sbattiamo le uova con una forchetta, incorporando gradualmente la farina e quando le uova saranno interamente mescolate a quest’ultima, lavoriamo l’impasto con le mani.
  • Potrebbe essere necessaria l’aggiunta di un filo d’acqua, purché sia minerale e a temperatura ambiente. Lavoriamo l’impasto delle tagliatelle con le mani per circa 10 minuti (sembra molto tempo ma vi garantisco che farà la differenza nel risultato!), lo raccogliamo in una palla e lo avvolgiamo con pellicola alimentare. Lo lasciamo riposare per 30 minuti e nel frattempo ci dedichiamo al sugo.
  • Sciacquiamo accuratamente i pomodorini con acqua corrente, li asciughiamo con un panno e li tagliamo in quattro (se sono grandi possiamo tagliarli anche in più parti, l’importante è che i tocchetti non siano troppo piccoli).
  • Mettiamo a scaldare anche abbondante acqua salata dentro cui cuoceremo a breve le tagliatelle appena preparate!
  • In un tegame, invece, scaldiamo l’olio insieme all’aglio precedente schiacciato e lo lasciamo rosolare. Quando sarà imbiondito, aggiungiamo i pomodorini. Per i primi 2 minuti, li facciamo saltare a fiamma media e poi abbassiamo il fuoco, copriamo con un coperchio e lasciamo cuocere per almeno 15 minuti, mescolandoli di tanto in tanto.
  • Torniamo alle tagliatelle: è ora di stendere la pasta a circa 0.8 mm! Potete utilizzare la macchina per la pasta oppure il mattarello, l’importante è che sia ben infarinata. Una volta ottenute le sfoglie, potete proseguire tagliandole in striscioline di circa 5 mm con un coltello, dopo aver arrotolato le sfoglie su loro stesse, oppure utilizzando la macchina per la pasta con i rulli appositi.
  • Lessiamo le tagliatelle per pochi minuti nell’acqua bollente, giusto il tempo perché vengano a galla (circa 3-4 minuti), preleviamo mezzo mestolo dall’acqua di cottura e la trasferiamo nel tegame con i pomodorini, alziamo la fiamma e lasciamo sobbollire senza coperchio.
  • Scoliamo le tagliatelle e le versiamo nel tegame del sugo, aggiungiamo le foglie di basilico dopo averle sciacquate e facciamo saltare il tutto a fiamma media per qualche minuto, fino a quando tutte le tagliatelle si saranno impregnate del sughetto dei pomodorini. Serviamo con un aggiuntivo filo d’olio a crudo e, se lo desiderate, con una spolverata di parmigiano grattugiato al momento.

COME PRESENTARE IL PIATTO

Le tagliatelle all’uovo fatte in casa e accompagnate con questo genere di sugo sono molto rustiche e tradizionali, meglio lasciar parlare la loro semplicità: servitele senza curare troppo l’impiattamento, abbiate solo l’accortezza di aggiungere un paio di foglie di basilico fresco ed il gioco è fatto!

UNA BUONA ALTERNATIVA

Parlare del ragù alla bolognese sarebbe quasi scontato e si perderebbe il senso estivo della ricetta. Potete però arricchire il sugo con delle olive taggiasche o delle olive Kalamata oppure preparare un misto di pomodorini e peperoni rossi e gialli per dare un gusto più deciso al piatto.

Tagliatelle con pomodorini e basilico

Testo e fotografie
a cura di Micol Uberti

#FotoRacconti – Meglio l’uovo di Pasqua o la sorpresa?

Grazie Luigi!
E’ così che potremmo esclamare, quando ci viene regalato il classico uovo di Pasqua.
Colui che chiamo confidenzialmente col suo nome di battesimo, altro non è che il re Sole, Luigi XIV, a cui dovremmo dare il merito di aver fatto realizzare dal suo chocolatier di corte il primo uovo di crema di cacao, dando così il via a questa tradizione.
“Grazie John!”, potrebbe esclamare qualcun altro… e chi è questo John adesso? Sto parlando di John Cadbury, quacchero inglese, commerciante di tè e caffè e fondatore di Cadbury, l’azienda di cioccolato con sede a Birmingham in Inghilterra.

scatto realizzato per Boella & Sorrisicollezione uova di cioccolato Pasqua 2022

Fu probabilmente lui il primo ad inventare  la sorpresa all’interno delle  uova di cioccolato prodotte in serie. Comunque, Luigi o John che sia, dipende di quale team siete: golosi o curiosi?
Se non volete rischiare di rimanere delusi, meglio pensare a godersi il cioccolato senza badare alla sorpresa e scegliere in aggiunta delle uova che di per sé sono già un vero e proprio regalo.
Come “Un nuovo inizio” il ciondolo Dodo in due tonalità di oro o in argento, oppure la lampada ad uovo di Fontana Arte, in vetro soffiato bianco satinato, dallo stile minimal e chic realizzata nel 1972 dal designer olandese Ben Swindens.

Personalmente, il mio uovo di non-cioccolato preferito è Mood Gold di Cristofle, un prezioso scrigno a forma di uovo che racchiude un servizio di posate in metallo dorato 24 carati.
E voi, avete deciso? Meglio l’uovo o la sorpresa di Pasqua?