Mi chiamo Micol, ho 27 anni e sono una grandissima appassionata di dinosauri.
Certo, faccio parte della generazione che nel ’93 guardava a bocca aperta Jurassic Park sui grandi schermi dei cinema all’aperto, seguendo un plot così coinvolgente che ti faceva dimenticare anche di grattarti le punture delle zanzare che nel frattempo banchettavano grazie agli spettatori che si ritrovavano nei grandi giardini pubblici in cui facevano questi cinema sotto le stelle…
Paradossale, se pensate che nel film è proprio questo insetto a fare da ponte tra il cretaceo e il presente!
Erano i tempi in cui la computer grafica stava facendo capolino nell’industria cinematografica ma ancora i costi enormi facevano preferire gli animatronics (robot dalle capacità motorie autonome, ndr), di cui Spielberg ha fatto un simbolo delle sue pellicole e i quali vengono per altro citati proprio all’inizio del primo film di una lunga serie che avrebbe davvero fatto la storia del cinema.
La storia nella storia, in un certo senso: milioni e milioni di anni di evoluzione in milioni e milioni di fotogrammi.
E in più di un certo senso, l’evoluzione di questa arte visiva l’ha fatta pure questo regista (che indovinate? Non si era capito, lo so… ma è il mio preferito. Che sorpresa! Lo trovo geniale, forse perché siamo dello stesso segno…).
Dinosauri – Giganti dall’Argentina. Un gigantosaurus al Mudec
Dire che sono fissata con questi animali preistorici, insomma, è dir poco.
Perciò sarà facile per voi comprendere come mai sono stata imbambolata un sacco di tempo nelle sale che il Mudec sta dedicando a loro!
Scheletri, riproduzioni, persino embrioni provenienti dall’Argentina invadono letteralmente il Museo delle Culture e impressionano mettendo in bella mostra artigli, denti affilatissimi, code chilometriche e dimensioni imbarazzanti.
Trovarsi a guardare, sopra la propria testa, l’apertura delle fauci di un Gigantosaurus Carolinii fa un certo effetto, soprattutto quando ci si rende conto che la sua mandibola misura esattamente tanto quanto voi (ed io non sono certo bassa: sono 1 metro e 80 di fanciulla…).
Non che l’Argentinosaurus sia da meno, anzi: fa solo più tenerezza perché era un pacioso sauropode, di quelli che se ti avessero trovato davanti non ti avrebbero dato neppure un morsichino di assaggio, essendo esclusivamente erbivori. Tuttavia i suoi 35 metri di lunghezza e i suoi circa 100.000 kg di peso non fanno proprio pensare che fosse un cucciolotto a cui far le coccole sul pancino. La riproduzione esposta, ovviamente fedele nelle proporzioni a quella reale, è talmente grande che non riesce ad essere contenuta tutta in una sola stanza, e il “musetto” del nostro amico ruminante fa capolino nel piccolo shop che dà l’arrivederci ai visitatori alla fine del giro della mostra.
Per me è stato un sogno che si è realizzato, fare due passi in mezzo a degli animali che rappresentano una mia enorme (mai termine fu più appropriato) passione che mi accompagna dalla mia infanzia.
C’è tempo ancora fino al 9 luglio per andare a conoscerli, che aspettate?
Testo e fotografie
a cura di Micol Uberti